Oscar alla sfortuna per Nedved Poulsen carta velina

Adesso prende cappello, Amauri. Finita la sfida con la Samp, imbraccia un microfono e apparecchia una "filippica" contro i giornalisti. Amauri detta con tono di rimprovero: «Quando arriverà una convocazione seria dal Brasile o dall'Italia allora discuteremo dell'argomento». Per fortuna (nostra) i calciatori, quando devono comunicare, finiscono spesso fuori pista, "inforcano" come si dice in gergo. Ecco allora i due errori commessi da Amauri, uno dopo l'altro, a testimonianza che chi ciurla nel manico è lui stesso e non certo i giornalisti. Primo sfondone: la convocazione seria, da parte del Brasile, è arrivata prima di Londra. È stato lui ad opporsi, nascondendosi dietro il rifiuto della Juve, pretendendo da Dunga un'assicurazione sul futuro invece che una semplice chiamata per rimpiazzare l'infortunato Luis Fabiano. Secondo sfondone: dall'Italia non può arrivargli al momento alcuna convocazione seria poiché Amauri non dispone ancora dello status di cittadino brasiliano con passaporto italiano. Se per una volta vuole comportarsi seriamente, allora è proprio Amauri a dover fare una scelta di fondo e a dirci, in tempi non sospetti e con la trasparenza necessaria: voglio giocare in questa nazionale o in quest'altra.

Altrimenti il suo comportamento ricorderà da vicino l'esibizione nei sottanini della metropolitana milanese di taluni furfantelli che praticano il gioco delle tre carte. Con la nazionale di calcio, che sia Brasile o Italia, non si può giocare.

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