In ospedale il genovese ostaggio in Cina

Ora è finito anche in ospedale. Alessandro Bini, l’imprenditore genovese trattenuto in Cina da tre mesi senza motivo, ha avuto un forte innalzamento della pressione, la minima gli è salita a 110 ed è stato costretto a farsi visitare. Un violento attacco di quell’ipertensione arteriosa congenita di cui soffre da tempo e che da quando è in Cina non riesce più a curare, a tenere sotto controllo. Il suo caso, intanto è esploso dopo la denuncia fatta sul Giornale. Al Consolato generale d’Italia a Shangai ieri hanno deciso di inoltrare delle «note verbali» ufficiali indirizzate alle autorità cinesi che, quantomeno, sono tenute a rispondere per spiegare i motivi del «sequestro» di un uomo libero. Alessandro Bini, l’imprenditore cui la polizia cinese vieta di prendere un aereo per tornare in Italia, ci ha provato ancora giovedì mattina. Ottenendo però lo stesso risultato: «rimbalzato» alla frontiera aeroportuale, con l’ennesima scusa.
«Per la convenzione di Ginevra ho almeno diritto a tentare la fuga», prova a ironizzare Bini, pur non riuscendo a nascondere la sua disperazione. Tutto gli sta crollando addosso. Le sue due aziende rischiano di perdere affari importantissimi e i maggiori clienti ai quali entro pochi giorni devono garantire le forniture, Ma soprattutto rischia anche la salute. La sua famiglia prova a sostituirlo per quanto può, ma è lui che ha la delega per tutti gli affari e soprattutto la merce non può aspettare. L’ultima fornitura per la quale era volato ancora un volta in Cina (un Paese con il quale lavora da vent’anni senza aver mai avuto problemi) era relativa ai gadget per la Vuelta, il giro ciclistico di Spagna, ormai alle porte.
Il caso di Bini, da ieri, è approdato anche ufficialmente in Regione. Gianni Plinio, capogruppo di An, dopo aver denunciato a gran vice questa assurda vicenda in aula durante il consiglio di giovedì approfittando di un’altra interpellanza in qualche modo legata alla Cina, ieri ha depositato anche un’interpellanza al presidente Claudio Burlando. «È un caso assurdo che si sta facendo sempre più preoccupante - ha sottolineato Plinio -. Non è possibile tenere praticamente prigioniero un cittadino italiano che non risulta aver commesso alcun reato ma solo per costringerlo, come sembra, a desistere da un contenzioso giudiziario con due aziende cinesi». Poi l’affondo politico, quello che costringe di fatto Burlando a fare qualcosa per non dimostrare la completa inutilità del già tanto contestato viaggio in Cina.

«Spero che il Presidente Burlando - punge il capogruppo di An - che, anche al termine della sua recente trasferta in Cina, ha decantato i suoi eccellenti rapporti con le Autorità di quel Paese, ed in modo particolare con quelle di Shangai, voglia interporre i propri buoni uffici per far rientrare in seno alla propria famiglia il nostro concittadino da troppo tempo immotivatamente sequestrato». Nonostante i silenzi di molti, la vicenda di Alessandro Bini si sta imponendo all’attenzione delle autorità.

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