Per ospitare i nomadi il Comune chiede di usare gli hangar dell’esercito

Il vicesindaco: «Lo sgombero dell’area alla Bovisasca sarà completato entro 10 giorni. Ma lo Stato metta a disposizione altri spazi: i nostri centri sono già pieni»

Niente scintille. «Chi si aspettava i war games è rimasto deluso». Il vicesindaco non ci sta a sentir dire che quello dell’altro ieri alla Bovisasca è stato un falso sgombero. Quarantamila metri quadrati su 60mila - praticamente i due terzi - della favelas che l’Asl ha definito ad alto rischio sanitario, dopo essere stati liberati dalle baracche da ieri sono recintati e sorvegliati giorno e notte da una pattuglia dei ghisa. I rom non sono andati lontano: si sono solo accampati qualche metro più in là, ma «non si parli di un "inutile balletto", era tutto previsto - assicura Riccardo De Corato -, abbiamo scelto la linea della mediazione e dell’allontanamento progressivo, in una decina di giorni contiamo di farli arretrare sempre più in là fino a liberare completamente l’area». Dove andranno? Probabilmente a infoltire altri campi abusivi sparsi in città, «la scelta è ampia - ammette -, anche se in un anno ne abbiamo liberati 45». Ma è come tirare una coperta che è sempre troppo corta: per sgomberare in un giorno la Bovisasca il Comune avrebbe potuto optare per la linea dura, «potevamo chiedere all’Asl un’ordinanza urgente, lo sanno anche quelle associazioni o don Virginio Colmegna che ci criticano senza fare proposte. Ma in quel caso avremmo dovuto accogliere le donne e 120 bambini, e le nostre strutture "scoppiano", sono già strapiene di rom». Ecco perché Palazzo Marino ha chiesto al prefetto di usare gli hangar militari o gli stabili del demanio per ospitare le mamme e i minori che vengono sgomberati dai campi, «anche la Provincia ha proprietà che potrebbe mettere a disposizione», aggiunge De Corato, ma fino ad oggi, dallo Stato e dal presidente Filippo Penati nessuna risposta. La cosa non sorprende: «È un anno e mezzo che aspettiamo la nomina del commissario straordinario per l’emergenza rom a Milano. Il 20 settembre 2006 il ministro all’Interno Giuliano Amato aveva sottoscritto il protocollo con il governatore Formigoni, Penati e il sindaco Moratti, avevamo anche deciso che lo avrebbe fatto il prefetto Lombardi, che ha predisposto il decreto di nomina, ma è sul tavolo del ministro Amato da 4 mesi. Ancora 10 giorni fa il sindaco Moratti lo ha sollecitato a firmare». Conclusione: «Siamo rimasti i soli ad affrontare l’emergenza rom».
Cifre alla mano: lo Stato ha stanziato 3 milioni di euro per sistemare tutti i campi rom italiani, Palazzo Marino ha speso 1,5 milioni solo per Triboniano. E solo per la manutenzione dei campi regolari, i cittadini milanesi sono costretti a spendere 6 milioni di euro all’anno. «Blair e Zapatero nel 2007 firmarono la moratoria per vietare il libero accesso dei rom mentre Prodi ha lasciato che entrassero tutti, passando il cerino in mano ai sindaci - tuona De Corato -. Speriamo che il prossimo governo dia risorse, mezzi e leggi».
Milano, sostiene il capodelegazione della Lega in Regione, Davide Boni, «non può permettersi queste zone d’ombra.

Bisogna proseguire negli sgomberi allontanando chi mette in pericolo la nostra sicurezza». Più duro il capogruppo del Carroccio in Comune Matteo Salvini: «Se non si sveglia il prefetto romano, la settimana prossima un po’ di baracche cominceremo a tirarle giù noi».

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