Caro Granzotto, non discuto sulle ragioni «politiche» di Mosca di intervenire a difesa degli osseti di etnia russa e concordo pienamente con lei nel giudicare pericolosamente avventata la provocazione del presidente georgiano Saakashvili. Però intanto il Caucaso è in subbuglio e la storia, alla quale lei fa sempre riferimento, ci indica che quella regione è sempre stata una polveriera e che dunque meglio per tutti sarebbe evitare di accendervi micce per non turbare lordine mondiale. E ciò sarebbe stato possibile solo se lEuropa si fosse immediatamente messa di mezzo rinviando in garage i carri armati georgiani e impedendo lingresso in Ossezia di quelli russi. La pace prima dogni altra cosa, anche prima del petrolio.
Lasciamo stare lEuropa, caro De Vico. Primo, non ha una politica estera comune. Secondo, ha la tendenza a muoversi in autonomia quando non in velato contrasto con gli Stati Uniti, indebolendo così il «blocco occidentale». Terzo, non dispone dello strumento per imporsi e lo strumento si chiama forza militare. I pacifisti possono marciare e far garrire finché vogliono le bandiere arcobaleno (per la verità non se nè vista una, in occasione della crisi georgiana). Ma quando quindici secoli fa il buon Publio Fabio Vegezio ammonì che «si vis pacem para bellum», se vuoi la pace preparati alla guerra, attrézzati, comunque, per poter eventualmente minacciare luso della forza, espresse una verità incontestabile. Sì, certo, dialogo e confronto non debbono mancare mai, però se non si hanno quei mezzi, magari cingolati, che ti consentono di fare la voce grossa, il ragno non lo si cava dal buco. Lì rimane.
In quanto all'ordine mondiale, dobbiamo farcene una ragione: quello delineato a Yalta e che bene o male ha retto per oltre sessantanni, sta perdendo i pezzi e, con quelli, se ne va la nostra nobile ma ingenua certezza che fra i valori universali unanimemente condivisi ci sia, oltre alla libertà, alla pace e al rispetto dei diritti umani, anche la democrazia di modello occidentale. Lecumene islamico, per dirne una, è convinto che la teocrazia sia di gran lunga più adatta al governo del mondo. Altri, giudicando la democrazia liberale unoligarchia malamente dissimulata (e come dar loro torto?), reputano più consona, per rispondere alle sfide del terzo millennio, un regime che abbia sì tutti o quasi tutti gli annessi e connessi del sistema democratico - libere elezioni, sistema dei partiti, presenza di una opposizione, eccetera - ma con al vertice un potere forte. Ovvero unautocrazia, che si differenzia dalloligarchia per il numero di persone sul ponte di comando. Una o al massimo un paio nel primo caso, la «casta» nel secondo.
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