Dopo il grande successo dell'anno scorso delle lezioni sulla Storia di Genova, quest'anno si replica con la Storia di Genova diventata «italiana», a causa della sua annessione al regno sabaudo. Più di ottocento le persone presenti al primo incontro.
La conferenza tenuta dal prof. Valerio Castronovo, storico piemontese, si è svolta su Cavour e la nascita dell'Ansaldo e le sue ricerche storiche sulla classe politica, l'industria nell'Italia del secolo scorso e sull'economia piemontese dall'unità al 1914, hanno improntato-condizionato la sua conferenza. Forse ai genovesi sarebbe interessato conoscere anche come i loro avi «accettarono» i condizionamenti «piemontesi», che certamente ci furono, sullo sviluppo economico genovese dopo una «annessione» sicuramente non gradita. A seguito della perdita, arbitraria ed illegittima, dell'indipendenza della Repubblica di Genova e la sua annessione al regno di Sardegna, avvenuta per decisione del Congresso di Vienna del 1815 ( quando avremo uno «storico» che ci racconti i «retroscena» di tale annessione?), per più di trent'anni i rapporti fra Genova e Torino furono pessimi.
Ha detto il prof. Castronovo che l'economia genovese «languiva». Ha scritto lo storico genovese prof. Giovanni Rebora il 26 luglio 2000: «Come mai a nessuno, prima dell'arrivo del liberatore Napoleone e poi dei Savoia era saltato in mente di emigrare?... Il fatto è che con Napoleone prima e con i Savoia poi, la gente si vedeva sequestrare i muli per l'esercito, doveva nutrire le truppe, pagare le tasse anche se povera (magari sul macinato), doveva mandare i figli a servire il Re (otto anni)...».
Una fiorente e ricca Repubblica che, se restata indipendente, avrebbe potuto scegliere e stabilire, quale sviluppo economico dare alla sua comunità, ha dovuto invece subìre uno sviluppo prima industriale, poi anche «militare», funzionale agli interessi, prima del regno di Sardegna e poi di quello d'Italia. Certamente la cosiddetta «industria pesante» ha portato posti di lavoro per gli operai e, soprattutto, cospicui guadagni per i proprietari-padroni che impararono subito anche a «privatizzare gli utili e socializzare le perdite».
Un primo esempio fu proprio l'impresa metalmeccanica Taylor e Prandi, «sorta nel 1846 a Sampierdarena ma passata, perché in cattive acque, in gestione all'Azienda generale delle strade ferrate» che poi, con la «benedizione» di Cavour, venne affidata alla «Giovanni Ansaldo e Compagni», guidata da Giovanni Ansaldo, giovane ingegnere genovese. Alla morte precoce dell'Ansaldo (45 anni), la società fu posta in liquidazione e la direzione dell'impresa passò a Luigi Orlando fino al 1866. Arrivarono poi i Bombrini ed infine i Perrone che la gestirono (con interessi anche nel mondo bancario e dei giornali) durante il periodo della grande produzione bellica della prima guerra mondiale che vide i suoi dipendenti passare da circa 10.000 unità ai 42.000 al momento dell'armistizio.
*presidente Movimento
Indipendentista Ligure
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