Padova - In una zona di campagna la polizia ha trovato un deposito di armi delle Br. erano in un casolare, vicino all'abitazione di Valentino Rossin, uno degli arrestati. Lo ha rivelato il vice ministro, Marco Minniti riferendo oggi al Senato. "La polizia coordinata dalla dottoressa Ilda Boccassini - ha detto Minniti - ha scoperto un consistente deposito di armi nelle campagne padovane dove durante le indagini, nel corso di pedinamenti degli indagati, gli stessi erano stati visti nell'atto di occultare materiale. Sono stati sequestrati: un fucile mitragliatore kalashnikov con relativo caricatore, un mitra Uzi con caricatore, una pistola mitragliatrice Skorpion, una pistola Sig Sauer, una pistola colt calibro 38, un cannocchiale per fucile, due divise estive della guardia di finanza, tre giubbotti antiproiettile, varie fondine, una parrucca, numeroso munizionamento di vario calibro in corso di repertazione". Altri due fucili sono stati scoperti nel cascinale di Bovolenta, dove ieri sera è stato rinvenuto l'arsenale delle Br.
Favoreggiamento L'attenzione degli uomini della sicurezza, ha proseguito Minniti, è altissima anche perché "nelle ore successive agli arresti" le forze dell'ordine hanno registrato "il fatto che attorno al nucleo degli arrestati e quasi a loro protezione, è emerso un reticolo non occasionale di favoreggiamento e sostegno". Il riferimento è alle 4 persone arrestate ieri mentre attaccavano manifesti di solidarietà ai presunti terroristi nei pressi di una sede della Cgil a Sesto San Giovanni.
Arsenale "Quanto sequestrato - ha sottolineato Minniti - costituisce la dotazione delle cellule milanese e padovana della formazione terroristica. Una dotazione di tutto rilievo che testimonia da sola la pericolosità degli arrestati e il grado di efficienza operativa raggiunta. Non ci può essere alcuna sottovalutazione. Kalashinkov, mitragliatori Uzi, mitragliatrici Skorpion, pistole varie. Francamente, un po' troppo per essere soltanto l'armamentario di quattro sciagurati".
Pronti a sparare Il questore di Padova, Alessandro Marangoni, è d'accordo con il sottosegretario agli Interni Marco Minniti quando sottolinea la pericolosità delle nuove Br soprattutto alla luce del ritrovamento dell' arsenale della colonna veneta. "Non è affatto un gruppo di sciagurati - ha detto - ma un gruppo di fuoco pronto a sparare". Davanti al questore su un tavolo erano appoggiati infatti un kalashnikov e due caricatori a mezzaluna, una mitraglietta Uzi e un'altra Skorpion, entrambe con caricatori, e due pistole, una 765 e un revolver. Cinque armi da fuoco che costituivano, assieme a tre giubbotti antiproiettile e a due divise della guardia di finanza (pare una perfetta imitazione) e una parrucca, "la dotazione completa - ha spiegato il questore - per qualsiasi tipo di azione".
Interrogatori a Milano È iniziata un'altra giornata di interrogatori, la terza, davanti al gip di Milano Guido Salvini. Si è avvalso della facoltà di non rispondere, Massimiliano Toschi. Secondo i magistrati l'uomo era uno degli organizzatori della cellula padovana e, insieme al fratello Alessandro, anch'egli fra gli arrestati, avrebbe messo a segno lo scorso 17 novembre un attentato dinamitardo contro la sede di Forza Nuova a Padova. Adesso davanti al Gip è arrivata Amarilli Caprio, l'unica donna dell'organizzazione, difesa dall'avvocato Giuseppe Pelazza, considerata. Secondo gli investigatori, la giovane si sarebbe trasferita appositamente a Milano a settembre per reclutare proseliti all'Università. Dopo di lei saranno sentiti Federico Salotto e Andrea Scantamburlo. Quest'ultimo aveva il compito di fornire il proprio documento di identità per il rientro clandestino in Italia di Davanzo. Mentre Salotto si occupava principalmente della divulgazione del giornale di propaganda "Aurora". Sempre in giornata sarà sentito anche Alessandro Toschi, fratello di Massimiliano.
Armi dei partigiani Gli arrestati nel blitz antiterrorismo, erano alla ricerca anche di un nascondiglio di armi forse sotterrate dai partigiani nel dopoguerra. Un'ipotesi di cui parlano Bruno Ghirardi e Claudio Latino, in uno degli incontri intercettati dagli investigatori. Nel colloquio, che si svolge in un bar di via Rosales nel pomeriggio dell'11 ottobre, i due tornano su un argomento che hanno già discusso altre volte: la necessità di noleggiare un metal detector. L' apparecchiatura dovrebbe servire loro «per l'individuazione di un nascondiglio di armi sotterrate dai partigiani nel dopoguerra». Una possibilità che Latino e Ghirardi hanno sentito da qualcuno «che avrebbe presentato una tesi sulla Resistenza e che avrebbe intervistato numerosi partigiani e loro parenti».
Nel colloquio non precisano dove potrebbe essere il nascondiglio, ma sono molte le zone di campagna attorno a Milano, come emerge da pedinamenti e intercettazioni, perlustrate continuamente in bicicletta e con pesanti zaini sulle spalle. Come il parco dei Fontanilli a Rho, il canale della Martesana, il Bosco in Città, boscaglie e canali scolmatori. In molti posti scavano buche per gli "imboschi", come li chiamano loro, ossia per nascondere materiale illegale ma anche armi o munizioni. Uno di questi "imboschi" viene addirittura perso.
In un incontro del 19 ottobre Claudio Latino si lamenta per i troppi lavori pubblici a Milano. E racconta di aver perso «un imbosco di esplosivo che aveva realizzato nei pressi di una colonna di cemento proprio a causa di lavori per la realizzazione di un viadotto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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