Åre - Una cosa gli svedesi non dovranno più fare all’apparire del loro sovrano, re Gustaf: cercare un pezzo di ferro per toccarlo. Lui in tribuna con la regina Silvia, Anja Paerson ha scritto una pagina di storia evidente e di sospetti latenti. Tre gare tre vittorie, superG martedì, combinata venerdì e discesa ieri, ma questo è un aggiornare una pagina che riporta già i nomi della svizzera Erika Hess, tre volte prima, gigante, combinata e slalom 25 anni fa a Schladming, e della croata Janica Kostelic che nel 2005 a Santa Caterina dominò discesa, combinata e slalom e qui grande assente per essersi presa un anno sabbatico, troppo logoro il fisico e scarica la mente.
Quello che rende unica Anja, 26 anni ad aprile, non è la tripletta (che in Valtellina aveva sfiorato, prima in gigante e supergigante, solo seconda in combinata), bensì un pokerissimo mai riuscito nella storia dello sci, uomini compresi: vincere un oro mondiale in ognuna delle discipline, in alcuni casi anche due, in slalom e in superG, per un totale di sette, otto con il titolo olimpico in speciale l’anno scorso al Sestriere, annata che in coppa la vide cogliere 8 successi (compresa la libera di Åre... esattamente come il norvegese Svindal, primo pure lui ieri: era già tutto scritto insomma), prima in tutto a eccezione della combinata, due volte seconda dietro la croata che poi si aggiudicò la sfera di cristallo.
E proprio per questo, quando la Kostelic a ottobre annunciò che non avrebbe sciato per un inverno intero, tutti a indicare la Paerson come la favorita d’obbligo per la coppa, un po’ come l’Inter in un campionato orbo della Juve e con un Milan penalizzato. E invece nulla di tutto questo: zero vittorie, zero secondi posti, giusto due terzi in libera a dicembre (Lake Louise e Val d’Isère) bruscolini per una che vanta 34 singoli urrah, ovviamente in tutte e cinque le gare. Tanto che il 22 gennaio, fallito anche l’appuntamento di Cortina, decise di saltare Sansicario per concentrarsi su Åre iridata, dove si è presentata vincente e sorridente, quella di tutti gli altri inverni. Il resto del mondo, il resto rispetto alla Svezia, guarda le sue masse muscolari, arriva anche a credere sia alta 170 centimetri, meno che pesi 69 chili come nel libretto ufficiale della coppa. Nel suo sito il peso è una voce tabù, comunque in riviste e altri almanacchi appare un più accettabile 78 chili. Sia come sia, le piace mangiare («Visto che bisogna mangiare, tanto vale goderselo»), meno far l’amore visto che considera il sesso «un dovere» e non un piacere, un dovere come andare a scuola. Comunque ha un fidanzato, tale Bjorn, che forse un giorno diventerà suo marito.
Ieri Anja, che in famiglia chiamano Lilldoppa, qualcosa come ragazzina, ha vinto senza crederci: «Quando all’alba mi sono alzata e ho visto la nebbia in pista, mi sono innervosita e non mi sono più rilassata. Ho sciato male, un’imperfezione via l’altra». Prima con il pettorale 27, ha poi atteso le uniche tre in grado di batterla: «La Mancuso ha sbagliato molto, la Kildow abbastanza e la Goetschl parecchio, meglio per me». Per lei che salirà sul podio con la Kildow, seconda come nel superG, terza l’austriaca Hosp, pallido raggio di sole per un’Austria a picco nella velocità. Ancora Anja: «Una giornata come questa proprio non me l’aspettavo: prima davanti al re e alla regina, e tutti a chiedermi che cosa provo a essere una leggenda. Ma io non mi sento tale.
L’altra domanda inevitabile è: che cosa farai adesso? E lei sorride: «Chiederò scusa in famiglia e agli amici perché in queste settimane ero diventata insopportabile».
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