Entrate a tutto gas grazie alla finanza. La manovra del premier Mario Monti non ha trascurato nessun profilo connesso all’attività bancaria per far aumentare il gettito. Si va dall’abbassamento della soglia per l’uso del contante e ai pagamenti con mezzo elettronico alla nuova imposta sui titoli passando per l’una tantum sui capitali «scudati» nel 2009. In mezzo a questo maremagnum trovano spazio anche la garanzia statale per consentire alle banche di non chiudere i rubinetti del credito e il taglio dei componenti delle Authority.
Le prime notizie spiacevoli sono giunte per coloro che avevano aderito all’ultimo scudo fiscale facendo rientrare i propri capitali e sperando di chiudere la partita: arriva una una tantum dell’1,5% che potrebbe far incassare circa 2 miliardi di euro. La misura servirà a garantire il recupero dell’inflazione per le pensioni minime nella fascia 480-960 euro.
La lotta all’evasione, invece, si struttura su più fronti: la soglia per la tracciabilità dei pagamenti scende dagli attuali 2.500 euro (previsti dall’ultima manovra tremontiana) a quota 1.000 euro. A questo si aggiunge l’obbligo di fatturazione elettronica. Anche gli stipendi, la pensione e i compensi oltre i 500 euro non dovranno essere corrisposti dalla pubblica amministrazione in contanti, ma attraverso altri strumenti incluse le carte prepagate.
E comunque anche sul fronte bancario ci sarà da soffrire per risparmiatori e correntisti perché la manovra prevede nuovi interventi in materia di imposta di bollo che dai conti correnti verrà estesa anche a titoli, strumenti e prodotti finanziari. La bozza, però, non quantifica l’aumento del prelievo che comunque renderà ancor meno competitivo il mercato finanziario italiano. In conferenza stampa Monti, oltre ad appoggiare il tandem Sarkozy-Merkel sull’introduzione della Tobin tax sulle transazioni finanziarie, ha auspicato che tutta l’Ue si uniformi all’imposizione su conti correnti e titoli.
Meglio concentrarsi sull’unico lato positivo. Quello che a prima vista appare come un «regalo» alle banche, cioè la garanzia dello Stato sulle passività e sulle obbligazioni, in realtà potrebbe essere vantaggioso per chi si reca in una filiale a chiedere prestiti. La stretta dell’Authority di vigilanza europea sul patrimonio delle banche italiane (a cui sono stati richiesti oltre 14 miliardi di capitale in più) e la crisi del debito sovrano hanno un effetto negativo sul credito: per non aumentare le esposizioni, gli istituti stanno cominciando a ridurre i finanziamenti sia alle imprese sia ai cittadini. Con questa mossa si potrebbe ottenere un po’ di sollievo.
In particolare, la misura inserita nella manovra e annunciata con enfasi dal superministro Passera nel suo incontro con le imprese riguarda proprio la possibilità di non lasciare a secco le pmi in tempi di crisi. Dal 1° gennaio per sei mesi l’Italia può concedere garanzie pubbliche sulle passività degli istituti di credito (emissioni obbligazionarie e consimili) con durata da tre mesi a cinque anni e di sette anni per le obbligazioni bancarie garantite (covered bond) di nuova emissione. Tra un sostegno pubblico che comunque produce entrata attraverso le commissioni applicate e un aumento del prelievo connesso al bollo sui titoli si inserisce anche lo spazio per una riduzione della spesa.
Nella manovra è prevista una riduzione del numero dei componenti delle Authority (Antitrust, Consob, Agcom, ecc.) dagli attuali 50 a 28 inclusi i presidenti. È un segnale simbolico - visti gli alti compensi per questi incarichi - ma in tempi di crisi tutto fa brodo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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