Non fosse un luogo comune, si potrebbe dire che siamo alla sceneggiata. Tanti protagonisti, lacrime e grida, finale scontato. Roberto Vecchioni s’indigna, si disgusta, minaccia di lasciare l’incarico, poi fa capire che non mollerà tanto facilmente: «Ho un plafond da cui non posso scendere». Insomma, l’asticella è collocata quota 220mila euro e lì resterà. O, se andrà giù, sarà una questione di centimetri. Luigi de Magistris rivendica la collaborazione del professore e menestrelo milanese, antipartitocratico come lui. Nino D’Angelo dice che Vecchioni è un artista che non può essere liquidato con una pacca sulla spalla, ma i tempi sono quelli che sono e forse farebbe bene ad abbassare la cresta. E perfino a sinistra c’è chi tuona contro il sindaco, aprendo un nuovo fronte: vogliamo parlare dei concerti che il fratello di Giggino ’a manetta avrebbe organizzato in Sudamerica?
Ce n’è per tutti i gusti. Non solo per l’indignazione del cantautore riverniciato di arancione e rilanciato dall’antiberlusconismo militante, ma anche per quella dei napoletani che da giorni seguono basiti la querelle dai toni surreali: la città affoga nei suoi problemi, a cominciare da quello endemico dell’immondizia, ma decide di fare il solletico, anzi il verso ai suoi drammi staccando un assegno da 220mila euro per il vincitore dell’ultimo Sanremo. Motivo di tanta generosità? La presidenza del Forum delle culture, come raccontato l’altro ieri da Mario Giordano sul Giornale. Che sarà mai questo Forum delle culture? Nino D’Angelo, che di Napoli è un’icona e ha un posto pure nel presepe, si ferma davanti a questo quesito: «Non so bene cosa sia il Forum delle culture». Ironia, forse involontaria? Però, il buonsenso aiuta: «In tempo di crisi - aggiunge D’Angelo - è pur giusto contenere i costi». Vallo a spiegare al diretto interessato che del Forum dà un quadro quasi terrificante: «Quel ruolo prevede un lavoro massacrante, è un avvenimento mondiale». Rapidissimo, il cantautore trae le conseguenze di tanto, previsto stress e lo monetizza. Non senza aver indugiato in una selva di preamboli: «Se non lo facessi per amore prima di tutto non lo farei e non mi metterei in questa situazione. In due anni se io lavorassi come normalmente lavoro guadagnerei il doppio». Ma Vecchioni vuole farsi del male e strappa a sé stesso come fosse un dente quel sì, però guai a toccare l’asticella: «Ho un plafond da cui non posso scendere per dignità e immagine, credo di poter valutare monetariamente un’immagine che posso dare, senza inorgoglirmi, a Napoli».
Quindi va bene, anzi deve andare bene: «Il precedente presidente prendeva 70mila euro. A questi secondo me va aggiunto un surplus». Che coprirebbe la forzata latitanza dell’artista dai palchi di mezz’Italia, più lo staff, più tutto il resto. Vecchioni è Vecchioni. «Noi vogliamo Vecchioni», lo rassicura de Magistris, che poi la butta sul rivoluzionario: «Questa scelta è stata importante per rompere il vecchio modo di gestire le partecipate e il forum. Vecchioni non può lavorare gratis - lo rirassicura - ma in questo momento la passione deve prendere il sopravvento sul ragionamento». E il portafogli dev’essere spalancato, anche se il Comune è sommerso dai debiti. Deciderà una cabina di regia, all’italiana, allargata al ministero degli Esteri, alla Curia, alla Provincia e chi più ne ha più ne metta.
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