Pakistan, un blitz Usa per salvare le atomiche

Sono più di duecento, disseminate in tutto il Paese, ma nessuno alla Cia e al Pentagono sa dove siano nascoste. Sono le atomiche d’Islamabad e il nuovo incubo di Washington. «Con una dirigenza pakistana logorata dalla violenza fondamentalista e dagli attacchi dell’opposizione tutto il materiale nucleare pakistano è a rischio» avverte un rapporto dell’Istituto per la Scienza e la Sicurezza Internazionale di Washington firmato dall’ex ispettore delle Nazioni Unite David Albright. Parole confermate dalle cronache di Buner, la cittadina a un centinaio di chilometri da Islamabad, dove si combatte da oltre una settimana e dove l’esercito pakistano non sembra in grado di arginare l’avanzata talebana. Un’avanzata che non minaccia solo la capitale, ma anche il vicino centro per l’arricchimento dell’uranio di Gadwal. Ieri il capo di Stato maggiore americano, ammiraglio Michael Mullen, ha ripetuto di confidare nella capacità pakistane di difendere gli arsenali nucleari, ma ha ammesso la preoccupazione del Pentagono. «Non penso possa succedere - ha detto Mullen - ma è una preoccupazione che tutti condividiamo».
Il primo a condividerla è, in queste ore, il presidente Barack Obama. Il dossier top secret sull’argomento è già sulla sua scrivania, ma il presidente deve decidere se discuterne durante l’incontro di domani alla Casa Bianca con l’omologo pakistano Alì Zardari. Secondo molti funzionari dell’intelligence l’unico custode dei segreti nucleari sarebbe, infatti, l’intrattabile e imperscrutabile capo di Stato maggiore, generale Ashfaq Parvez Kayani, già capo dei servizi segreti del Paese. A Washington pochi, però, sono disposti a fidarsi dei generali pakistani. «Più va male, più ti dicono che tutto fila per il meglio» raccontava ieri al New York Times un anonimo funzionario protagonista durante l’era Bush dei colloqui sull’utilizzo di 100 milioni di dollari stanziati da Washington per garantire la sicurezza degli arsenali nucleari. Dollari che a tutt’oggi nessuno sa dire dove siano finiti. Ad aumentare le preoccupazioni contribuiscono i cospicui quantitativi di plutonio e uranio arricchito custoditi nei laboratori pakistani e sufficienti a costruire decine di «atomiche sporche».
Così, mentre Obama incontra Zardari, Cia e Pentagono studiano soluzioni alternative. Secondo il giornale francese Le Canard Enchainé, le unità speciali americane della base di Diego Garcia nell’Oceano Indiano sono pronte a muoversi e vari sottomarini incrociano lungo le coste pakistane. Non a caso John Bolton, un falco dell’era Bush, suggerisce un vero e proprio intervento militare per mettere le mani sul più alto numero possibile di testate e distruggere quelle che rischiano di cadere nelle mani dei talebani.

Intanto, sul terreno continuano i combattimenti. Ieri l’esercito pakistano, all’offensiva per riprendere il controllo del nord ovest del Paese, ha accusato i talebani di utilizzare circa 2mila persone come scudi umani per fermare l’offensiva delle forze governative.

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