Era arrivata in Italia in cerca di fortuna e si può proprio dire labbia trovata. Sotto forma di un ottuagenario che le ha lasciato metà dei suoi beni. Nello specifico uno dei più bei palazzi dellIsola, il più prestigioso di via Borsieri. Cinque piani, 25 appartamenti, a occhio e croce una mezza dozzina di milioni. Se non è «trovare fortuna» questa... E ora il quartiere si divide tra chi sorride malizioso e chi apprezza la scelta del defunto.
Protagonista di questa vicenda Celso Canova, 82 anni, uomo mite e dimesso, vissuto allombra di un ricco zio, sposato ma senza figli, proprietario di due alberghi e, appunto, del palazzo. Per decenni Celso è il suo uomo di fiducia e alla fine riceve in eredità lintero patrimonio. E poi sembra quasi voglia ripetere il copione: anche lui si sposa ma non ha figli, anche lui affida la gestione dellalbergo Canova in via Napo Torriani, laltro è stato venduto, al figlio di una sorella della moglie. Che già pregusta leredità.
Celso infatti è uomo di miti pretese, non ha vizi né hobby, se non il mare. Compra un natante più posto barca e box auto a Lavagna dove si precipita appena può. Qualche anno fa gli viene ritirata la patente di guida per gravi problemi alla vista: ma per fortuna un amico che condivide la stessa passione lo accompagna in Liguria.
Una decina di anni fa compare Soumia, trentanni, una figlia in Marocco. Come si siano conosciuti rimane un mistero, fatto sta che Celso la sistema prima in albergo a occuparsi delle colazioni, poi in un appartamento al secondo piano di via Borsieri, niente affitto e niente spese, dove verrà poi raggiunta dal fratello. Anche Canova qualche anno dopo va a trasferirsi nel palazzo: ultimo piano, 300 metri quadrati.
Nel 2005 lanziano rimane vedovo e decide di cambiare testamento. Quasi sicuramente aveva lasciato la maggior parte dei suoi averi alla moglie, ma dopo la sua morte, un ictus sotto la doccia, ne scrive uno nuovo di suo pugno e lo consegna al notaio. Qualche sospetto sulle sue intenzioni qualcuno nello stabile ce lha. Canova infatti ristruttura lo stabile senza badare a spese. Ma se qualcuno cerca di acquistare un appartamento risponde: «Non se ne parla nemmeno, il palazzo deve restare a una persona sola». E tra un diniego e laltro prosegue la sua vita, molto riservata, molto sobria. Fin troppo, commenta qualcuno. Barca a parte infatti si veste in maniera molto dimessa e consuma sempre a casa pasti decisamente frugali. Insomma soldi ne spende pochini.
Ogni giorno, puntuale, si reca in albergo. Lo farà anche il 13 aprile. Rientra alla sera, in molti nel quartiere se lo ricordano, curvo, i sacchetti della spesa in mano. Il mattino dopo non si presenta al lavoro. Il nipote lo chiama più volte ma non risponde. Quindi incarica Soumia, che ha appena finito le colazioni e si appresta a rientrare, di passare al quinto piano per vedere se lo zio sta male. La donna si fa dare le chiavi dal portiere, sale, apre la porta e lo trova senza vita sul divano.
Solite tristi formalità, tutti dal notaio per ultime volontà del defunto. Celso lascia la barca allamico e lalbergo e tutti i liquidi al nipote. Ma il palazzo va a Soumia, insieme al posto barca e al box affinché, venduti, e per questo chiede allamico di darle una mano, possano pagare gli oneri di successioni. E se il ricavato non dovesse bastare, dovrà provvedere il nipote attingendo dalla sua parte di eredità. A lui lultima richiesta: non crei problemi alla donna.
Un bel colpo, anzi una bomba, non cè che dire. Ma a commentarla ieri cerano solo i vicini. Divisi tra chi si dà di gomito, chi sorride malizioso alla scelta del vecchietto e chi difende la marocchina a spada tratta: «Niente di piccante, ha accudito a un anziano senza figli, giusto le sia toccata una parte di eredità».
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