A Palazzo voci di nuovi arresti nei confronti di «noti politici»

(...) di aver denunciato il presidente del porto, mentre dal canto suo la società Tirrenia smentisce presunti favoritismi che avrebbe ricevuto a suo tempo per l’assegnazione di spazi in banchina. Insomma: all’indomani dell’arresto del broker salito al vertice dell’Authority, la bufera che si è abbattuta sui moli genovesi non solo non accenna a placarsi, ma prende nuovo vigore e si alimenta di ulteriori veleni. Senza contare che sullo sfondo si infittiscono le voci di altri, ancora più clamorosi provvedimenti giudiziari a carico di noti esponenti del mondo politico ed economico. In questo ambito di evidente, rovinoso danno di immagine per la città e il suo porto, si inserisce - quasi come contrappasso umoristico, in realtà come serissima conseguenza negativa a carico dei dipendenti di Palazzo San Giorgio - l’«avventura» degli 85 impiegati che ieri mattina sono rimasti bloccati fuori dagli uffici dell’Authority a Caricamento, ancora sotto sequestro.
Ma il fatto nuovo del giorno è senza dubbio la presa di posizione di Lalla: «Non ho dato l’assenso alla richiesta di custodia cautelare» le testuali dichiarazioni del procuratore capo. Che aggiunge: «La legge prevede che il procuratore capo esprima assenso o dissenso. Io ho espresso dissenso. Ritenevo che, considerata la personalità e l’età di Novi, sarebbe stata sufficiente, come misura restrittiva, l’interdizione dai pubblici uffici, senza bisogno di ridurre la sua libertà». Posizione ribadita con vigore dai legali del presidente dell’Authority, Cesare Manzitti di Genova e Cesare Corti Galeazzi del foro di Milano: «Il procuratore capo non ha ritenuto di aderire alla richiesta di custodia cautelare proposta dai pubblici ministeri Walter Cotugno, Enrico Zucca e Mario Morisani». Visto che la legge prevede per le misure cautelari anche l’assenso scritto del procuratore capo (articolo 3 secondo comma del decreto legislativo del 2006), si va dall’ipotesi estrema di chi pensa che senza l’assenso del procuratore l’atto non possa neppure uscire dall’ufficio, all’altro estremo che, comunque, l’atto possa andare al gip e che quest’ultimo si disinteressi completamente di questo aspetto (che rappresenterebbe solo un problema interno dell’ufficio della procura). Nel caso specifico, si potrebbe addirittura configurare l’annullamento dell’atto. «All’indagato ultrasettantenne e incensurato - aggiungono i difensori di Novi citando Lalla - sono stati addebitati reati senza fine di lucro personale nella sua veste di presidente dell’Autorità portuale, oltre tutto carica pubblica in scadenza. Siamo assolutamente convinti che Novi non abbia commesso alcuna turbativa d’asta, nessuna truffa aggravata e nessuna concussione e che non esistessero neppure gli elementi per ritenere l’inquinamento delle prove».
Nel frattempo Burlando si difende: «Io non ho avuto nessun ruolo sulla gara per il terminal Multipurpose, perché non avevo qualifiche, ero un parlamentare, ma dissi a tutti quelli che mi chiamarono che ero molto preoccupato dal fatto che si volesse interrompere una gara pubblica. Non chiesi nulla a nome di nessuno. Invece si misero d’accordo per fare altro». La gara fu vinta dall’armatore Aponte, titolare della Msc, uno dei maggiori operatori marittimi mondiali. Ma dopo il parere positivo dei tecnici, quella vittoria non venne ratificata. «Mi risulta - insiste Burlando - che ci furono molti approfondimenti e valutazioni tecniche, e fu naturalmente chiesto il parere dell’avvocatura. Quella di Aponte era l’offerta più vantaggiosa, dissero i tecnici». Dal canto suo la società Messina puntualizza che «non ha mai presentato alcuna denuncia e/o esposto nei confronti di Novi. Ignazio Messina è stato interrogato su iniziativa del pm Cotugno, in qualità di persona informata sui fatti». E la Tirrenia Navigazione nega presunti favori e precisa di «aver richiesto, fin dal 2002, l’acquisizione di un’area portuale, poi avvenuta attraverso una procedura improntata alla massima trasparenza e senza alcuna illegittima interferenza».

I sindacati Cgil, Cisl e Uil inoltre parlano di «enorme danno all’intera portualità genovese». Infine, in attesa che la nomina del nuovo presidente dell’Autorità portuale venga notificata, lo scalo verrebbe gestito dal vicepresidente, il comandante della Capitaneria ammiraglio Ferdinando Lolli.

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