Cronaca locale

"Non fate morire Termini Imerese", l'appello di una città in ginocchio

Da quando la Fiat ha lasciato Termini Imerese, il grosso centro palermitano è in una crisi economica senza fine. Quasi duemila persone tra dipendenti e indotto sono rimasti senza lavoro

"Non fate morire Termini Imerese", l'appello di una città in ginocchio

"Non lasciate morire Termini Imerese". Un appello sottoscritto da oltre cento cittadini per chiedere di "comprare a Termini Imerese", grosso centro del palermitano, in crisi economica dopo la chiusura dallo stabilimento Fiat e di altre aziende dell'indotto. Un grande agglomerato urbano e industriale con una popolazione di circa 30mila abitanti che da dieci anni soffre della carenza di lavoro. "Termini Imerese sta vivendo uno dei momenti più tragici della sua storia - si legge nell'appello firmato da giornalisti, insegnanti, imprenditori, studenti -. Un'economia disfatta dalla crisi generale, e la coincidenza con la chiusura della Fiat e di altre fabbriche hanno acuito una crisi che ha messo in difficoltà tante famiglie -. Con una minore capacità di spesa le attività produttive di Termini si sono contratte, la vivace realtà artigianale e commerciale che aveva rappresentato nel passato l'emblema della fiorente economia cittadina si è quasi spenta. La recessione e il calo del lavoro degli ultimi decenni hanno spinto molte attività a chiudere. Una situazione disastrosa e destinata a peggiorare".

Saracinesche che si abbassano, poco commercio e ancora meno lavoro. Una diffusa abitudine a comprare fuori città e l'espansione dell'ecommerce ha devastato ulteriormente l'ormai fragile economia cittadina. "Tutto ciò, lentamente, e spesso inconsapevolmente, sta distruggendo Termini Imerese - si legge -. Non siamo per l'autarchia, ma in momenti eccezionali occorrono risposte straordinarie e coraggiose e siamo convinti che a farle per prima deve essere la stessa comunità locale se vuole continuare ad esistere. Senza aspettare ancora una volta aiuti esterni di improbabili salvatori con poteri taumaturgici. Vogliamo dare vita ad un circuito collettivo virtuoso, e chiediamo alle persone di comprare a Termini, acquistando prodotti del territorio. Di spendere qui i propri soldi che serviranno a valorizzare e far sopravvivere le nostre professionalità locali - conclude l'appello - Ma non è solo un problema di denaro. Vuol dire anche ricostruire una rete di rapporti umani. Significa scegliere di non spendere in un luogo dove siamo considerati solo consumatori anonimi da spremere, o rischiamo di diventare umanoidi che comunicano attraverso il computer, di parlare da soli e aumentare il senso di frustrazione e di solitudine collettiva.

"Occorre rilanciare il commercio, l'artigianato, valorizzare i prodotti locali, promuovere l'agricoltura. Mettersi insieme, con dignità, umiltà e onestà, ripartendo da tutto ciò che di buono e bello hanno fatto coloro che hanno abitato questa città prima di noi - dicono gli oltre cento cittadini che hanno firmato l'appello -. L'obiettivo è quello di far riscoprire il senso di appartenenza a Termini Imerese, le radici comuni, l'orgoglio di essere parte della stessa comunità. È l'unico modo per far rinascere la città".

La cittadina avverte come tanti altri territorio, il desiderio da parte di molti giovani di andare via, di abbandonare un luogo ritenuto ormai senza più speranza. "Una scelta che non ci appartiene. Noi abbiamo deciso di restare a Termini e di impegnarci per farla rivivere. Se la storia ci ha insegnato qualcosa è che una comunità anonima, divisa ed egoista è destinata alla morte. Solo coloro che sono in grado di recuperare il senso di appartenenza ad una stessa collettività, di riscoprire valori condivisi ed una forte identità, possono permettere ad una città di superare anche le crisi più drammatiche e di rifiorire.

E noi abbiamo deciso di percorrere questa strada", conclude l'appello.

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