La nuova esplosione di violenza che agita il Medio Oriente - con attacchi palestinesi e risposte israeliane motivati più da «riflessi condizionati» di tipo pavloviano che da chiare strategie - sembra entrare in fase di stallo. A Gaza, dopo i bombardamenti contro le infrastrutture (che peggiorano le condizioni di vita di una popolazione già sottoposta allembargo economico internazionale a causa del rifiuto del governo Hamas di ammettere lesistenza di Israele) e larresto di parte della dirigenza governativa e parlamentare palestinese da parte dellesercito israeliano, lazione militare di quest'ultimo e delle bande armate islamiche sembra avere una battuta d'arresto. Arresto determinato dallassimetria delle forze in campo. Israele ha la capacità di distruggere lAutorità palestinese, ma non linteresse politico e militare a farlo. L80% dei palestinesi vorrebbe - come Hamas - la distruzione dello Stato ebraico, ma sembra rendersi conto di non essere in grado di farlo senza suicidarsi.
Così tutto è temporaneamente fermo in attesa di vedere se e come il governo egiziano riuscirà a farsi consegnare il soldato israeliano, catturato nel blitz palestinese di domenica scorsa, e riconsegnarlo a Israele in cambio - nonostante tutte la contrarietà ufficiale di Gerusalemme - della liberazione di prigionieri palestinesi. Esiste però anche uno stallo a livello politico, da ambo le parti. In Israele, questultimo scontro dimostra - come sostiene l'opposizione di destra - che levacuazione unilaterale di Gaza non è servita a nulla se non a dare ai palestinesi un senso di trionfo e a Hamas la vittoria elettorale di cinque mesi fa. Sarà perciò difficile per il premier Ehud Olmert, ammesso che riesca a districarsi dalla palude palestinese, realizzare il progetto di raggiungere frontiere definitive con la Palestina attraverso nuove evacuazioni di coloni, con o senza la collaborazione dellAnp.
In Palestina lo stallo politico è ancora maggiore. È stato firmato un accordo fra il premier Ismail Haniyeh e il presidente Abu Mazen in base al cosiddetto «piano dei prigionieri» che indirettamente permetterebbe a questultimo di riprendere i negoziati con Israele col sostegno di un governo di unione nazionale, senza obbligare Hamas a riconoscere Israele.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.