Palmarola, chiude l’ambulatorio

Antonella Aldrighetti

A che punto è la cosiddetta medicina di prossimità? A un punto morto malgrado le promesse dell’assessore alla Sanità Augusto Battaglia di importare da noi il modello Toscana dove l’assistenza ospedaliera è limitata al 43 per cento delle prestazioni e la parte del leone la fanno i presìdi territoriali, che coprono il 57 per cento della domanda. Ma se con un po’ di buona volontà si raggiungono le periferie della capitale - tanto care almeno a parole alla sinistra - ci si rende conto che la realtà è un’altra. Basta fermarsi all’ambulatorio di Palmarola e fare due chiacchiere con i 15 operatori sanitari che vi prestano servizio per venire a sapere che la struttura verrà chiusa tra circa due settimane. E senza alternativa alcuna. Il presidio serve, a oggi, 60mila cittadini del quartiere di Palmarola, Selva Candida e Ottavia e offre prestazioni che vanno dalla medicina fiscale, alle vaccinazioni, compreso il consultorio familiare e il servizio sociale. Tuttavia i cittadini non ci stanno a farsi prendere per il naso e non si rassegnano a fare i circa dieci chilometri che li dividono dall’ambulatorio più vicino. E come primo atto di contrasto alla chiusura hanno deciso una raccolta di firme, che verranno inviata alla direzione generale dell’Asl Roma E, perché, come spiega il presidente del comitato di quartiere Carlo Modigliani, «l’abolizione dell’ambulatorio, oltre a essere di enorme gravità per il territorio, dove è assente qualsiasi altro servizio di pubblica utilità, provocherebbe alla cittadinanza disagi inaccettabili. Per raggiungere il centro ambulatoriale più vicino, al Santa Maria della Pietà, ci si metterebbe almeno un’ora».
A gettare benzina sul fuoco delle polemiche sulle politiche sanitarie della giunta Marrazzo ci pensa la Fials-Confsal. Secondo il sindacalista Gianni Romano la chiusura di un presidio medico territoriale può «essere l’ennesima dimostrazione di come si vuole fare prevenzione nel Lazio, chiudendo strutture sanitarie invece di potenziarne le attività per la cittadinanza; una cittadinanza che vive già con il degrado delle periferie, la mancanza di mezzi di trasporto qualificati, la carenza di spazi socio-culturali.

È impensabile che mamme con bambini in tenerissima età, debbano aspettare per lungo tempo l’arrivo dell’unica linea di bus per recarsi al centro vaccinale più vicino, distante oltre dieci chilometri oppure per sottoporsi a visite specialistiche ginecologiche o pediatriche».

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