Paolo Colagrande: questa Milano è ancora da bere

M ilano è ancora da bere o è tutta una pubblicità? E che cosa lega l'happy hour al ciclo economico-produttivo meneghino? Soltanto il piacentino Bisi, donchisciottesco protagonista-alterego dei romanzi di Paolo Colagrande, poteva darci, in un brano su Milano scritto per Il Giornale, un inedito punto di vista sulla città. Perché soltanto Bisi non si arrende davanti a niente: le multe, le soprattasse, il bancomat che non dà più soldi, l'affitto, le rette del nido del bimbo Ale, la moglie Emilia di nuovo incinta. Contento è contento, ci mancherebbe, però l'Alda non gli fa più scrivere pezzi sul giornale golenale con cui collabora, la concorrenza si fa spietata, la rivista letteraria che dovrebbe fondare a suon di cene e bevute con gli amici stenta a partire e le disponibilità economiche son quel che sono. E intanto Bisi snocciola metafore, tirate, elucubrazioni su quel grande impasto che è la vita, in «Kammerspiel», esilarante seguito di «Fìdeg», vincitore del Campiello Opera prima 2007. Figuriamoci perciò se Colagrande-Bisi non ha la sua da dire anche sulla città dell'«estasi etica mercantile...»
«Caratteristica fondamentale di Milano è che non ha provincia. La provincia in generale è come la pancia della città, però di quelle pance strutturate, organiche, dove non c'è solo grasso, c'è materia vitale, sentimento, eros, una specie di periferia fisica emotiva voluttuaria del corpo. Ecco a Milano non c'è, però ci son le cinture. Milano è piena di cinture, formate da comunità subalterne a cui Milano dà continuamente degli ordini: infatti son quasi tutti paesi con nomi all'imperativo: carugate bollate lambrate usmate cogliate segrate solbiate liscate cesate garbagnate novate vimercate limbiate carnate segagliate gavirate. Tutti legati in cintura, stretti alle ossa della città di Milano. Milano del resto è una città magrissima e altissima, anoressica: senza le cinture i vestiti non le stan su. Per forza: non mangia niente, magari beve dei bellini, martini, rossini, donizetti, vive nell'estasi etica mercantile dell'happy hour. Ma non è mica il modo di nutrirsi.
Un mio amico un po' di anni fa ha preso il treno poi la metropolitana fino alla galleria Vittorio Emanuele per vedere il ragazzo vestito da cameriere sorridente che corre sui pattini portando un vassoio con su l'amaro Milano da bere. Voleva fargli lo sgambetto. Sarebbe stato un spettacolo divertente, per lui, ma per Milano no: si inceppava un ciclo economico produttivo, si incrinava il rapporto tra capitale fisico e mercato dei beni. Comunque non l'ha trovato il cameriere coi pattini.

Si è anche seduto a un tavolino e da solo ha speso venticinquemilalire: un amaro da bere e due patatine da mangiare». (Paolo Colagrande)
Kammerspiel
viene presentato oggi alle 18,30 alla Libreria Rizzoli, Galleria Vittorio Emanuele II.
Con l'autore, Alessandro Beretta, Matteo B. Bianchi, Paolo Di Paolo.

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