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Esiste una realtà italiana dove la fuga dei cervelli avviene al contrario. Gli scienziati e i ricercatori stranieri arrivano nella nostra penisola e ci restano assieme ai colleghi nostrani. L'isola felice si chiama Ifom, l'Istituto di oncologia molecolare, un centro dove le idee sono il frutto di cervelli provenienti da venticinque paesi e dove si studiano i metodi per prevenire e sconfiggere il cancro, alla radice. Nella sua sede milanese, sorta in un'area ex-industriale si respira un'atmosfera internazionale: dei 200 ricercatori, il 25% è costituito da stranieri, tra i quali spiccano Giappone, Gran Bretagna, Stati Uniti, Malesia, Germania e Canada. I ricercatori italiani provengono da 17 diverse regioni e spesso, dopo un periodo di lavoro nei laboratori, convolano verso i più prestigiosi istituti di ricerca internazionali, dove possono arricchire la propria esperienza e riportarla in Italia. Ieri l'Ifom ha festeggiato i suoi primi dieci anni di attività. Produttivi. Sono stati attivati 19 programmi sui fronti più promettenti della ricerca oncologica ed effettuate oltre 100 ricerche all'anno. Gli obiettivi degli studi? Le sintetizza il direttore scientifico Marco Foiani: «Prevenire la diagnosi il più precocemente possibile profilando i tumori con mutazioni particolari, identificare e inattivare quei processi che tengono in vita la cellula tumorale, mettere a punto strategie finalizzate a veicolare il farmaco direttamente sul tumore».
Ma com'è nato un centro di eccellenza come l'Ifom? «Quando ho pensato a un Istituto di Oncologia Molecolare - racconta il padre dell'idea, Umberto Veronesi, - il mio obiettivo era di creare una sorta di "contenitore" che potesse dotarsi di un piattaforma tecnologica d'avanguardia a cui potessero accedere i centri di ricerca avanzata milanesi: Istituto Europeo di Oncologia, Istituto Nazionale Tumori, San Raffaele, Istituto Mario Negri, Università. Queste piattaforme erano e sono costosissime a l'idea di metterne una in comune per l'area di eccellenza del milanese era avveniristica. Mi rivolsi allora all'Associazione Italiana per la ricerca contro il Cancro e la mia proposta fu finanziata senza esitazione». In dieci anni il programma è andato ben oltre Milano, ed oggi il traguardo che più entusiasma il famoso oncologo è l'internazionalità: «È una garanzia di creatività ed è espressione della forza della scienza, che è senza confini universale e pacificatrice». Veronesi pone l'accento anche sulla fuga di cervelli e spiega che la volontà e l'impegno collettivo sono vincenti: «Da anni dico che la soluzione alla fuga dei cervelli è creare in Italia una comunità scientifica internazionale. Non c'è spazio oggi per un veteronazionalismo in cui gli italiani ricercano in Italia, i francesi in Francia, o giapponesi in Giappone.

La scienza è universale e dunque il futuro è creare delle comunità scientifiche cosmopolite e multietniche. L'Italia ha tutte le caratteristiche per ospitare una comunità mondiale impegnata nella scienza, seguendo la sua tradizione delle grandi scuole di pensiero».

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