«Il Papa ha ragione ma il precariato è colpa del fisco»

da Milano

Il Papa parla di lavoro precario: per un imprenditore cattolico, è un confronto a cui non può sottrarsi. E Marco Montagna, presidente del Club Libera Impresa della Compagnia delle Opere, oggi al battesimo ufficiale presso la Fondazione Cariplo di Milano, non ha nessuna intenzione di evitare l’argomento: anzi. «Non possiamo non essere d’accordo con il Pontefice: nel senso che la precarietà è un problema più per gli imprenditori che per i dipendenti o almeno altrettanto, perché siamo i primi a sapere che l’uomo non è soltanto una risorsa umana e senza gli uomini non si fa niente - dice -. Ma paradossalmente la precarietà è più forte in Italia, dove a ogni occasione si dice di esservi contrari, che altrove».
E sul motivo il costruttore marchigiano, che guida un gruppo da cento milioni di fatturato, ha le idee ben chiare. «Le aziende italiane sono costrette al nanismo: hanno difficoltà a crescere liberamente e internazionalizzarsi. E allora sono costrette all’outsourcing, a esternalizzare il lavoro, magari in nero. Invece l’impresa solida, grande, con un mercato sicuro non vuole il precariato, anzi ha bisogno di dipendenti stabili».
A schiacciare le imprese è una serie di fattori: Montagna elenca i più importanti. «Nel nostro settore, quello dei grandi lavori, pesa soprattutto l’incertezza del mercato, vedi il caso Tav. Poi la difficoltà di accedere al sistema finanziario: un ostacolo per i gruppi piccoli, ma non solo. Senza parlare dei problemi, ben noti, legati alla tassazione sulle imprese».
Il giudizio negativo sul precariato non si estende però alla flessibilità: due realtà che troppo spesso vengono confuse, fa notare Montagna. «Flessibilità non significa ricatto - dice -.

Credo che si debba dare spazio al merito premiando il lavoratore più capace e volonteroso: d’altra parte, se un dipendente non è adatto a un lavoro, e l’imprenditore ha motivate ragioni per ritenerlo, il rapporto di lavoro, se occorre, deve poter essere interrotto. Comunque, il sistema italiano deve mettere le aziende in condizioni di crescere: ci sarebbero più occasioni di lavoro, e la flessibilità lo favorirebbe».

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