Andrea Tornielli
da Roma
Benedetto XVI interviene per la prima volta personalmente sulla vicenda delle vignette «blasfeme» ribadendo la necessità del rispetto per i simboli religiosi, condannando con decisione «lintolleranza e la violenza» delle reazioni avvenute in molti Paesi islamici, denunciando «fini estranei alla religione» da parte dei sobillatori ed auspicando reciprocità nellassicurare la libertà religiosa.
Come si ricorderà, il Vaticano era intervenuto già il 4 febbraio scorso sullargomento, con un comunicato della Sala Stampa nel quale si affermava che la «libertà di pensiero e di espressione non può implicare il diritto di offendere il sentimento religioso dei credenti» e dove le vignette venivano bollate come «uninammissibile provocazione», oltre a condannare le proteste violente. Ieri il Papa ci è tornato su, nel discorso che ha fatto al nuovo ambasciatore del Marocco Ali Achour, che ha presentato le sue credenziali.
«Per favorire la pace e la comprensione tra i popoli e gli uomini - ha detto il Pontefice - è necessario e urgente che le religioni e i simboli religiosi siano rispettati, e che i credenti non siano oggetto di provocazioni che feriscono le loro attività e i loro sentimenti religiosi». Benedetto XVI ha però subito aggiunto che «lintolleranza e la violenza non possono mai giustificare le risposte alle offese, perché non sono risposte compatibili con i principi sacri della religione».
Il Papa ha quindi condannato la reazione violenta di questi giorni, che ha provocato lutti e saccheggi: «Non possiamo che deplorare le azioni di coloro che approfittano deliberatamente delloffesa creata ai sentimenti religiosi per fomentare atti violenti, tanto più che ciò viene fatto a fini estranei alla religione». Qui sta la novità delle parole di Benedetto XVI rispetto alla dichiarazione di due settimane fa, dato che oggi è più chiara la strumentalizzazione messa in atto da quanti vogliono fomentare lodio. Nel discorso di Papa Ratzinger allambasciatore Achour cè poi un accenno alla reciprocità, cioè alla necessità che anche nei Paesi islamici siano garantite le condizioni per una effettiva libertà religiosa. «Per i credenti come per tutti gli uomini di buona volontà, la sola via che può condurre alla pace e alla fraternità è quella del rispetto delle convinzioni e delle pratiche religiose altrui, in modo tale che, reciprocamente, sia possibile assicurare per ciascuno lesercizio della propria religione liberamente scelta». Benedetto XVI ha infine toccato anche il tema dellimmigrazione: «È necessario - ha detto - che le istituzioni dei Paesi che accolgono gli immigrati non li considerino come una merce o una semplice forza di lavoro», ma «rispettino i loro diritti fondamentali e la loro dignità umana».
Sempre ieri mattina, in Papa ha ricevuto in udienza un gruppo di vescovi dei Paesi africani Senegal, Mauritania, Capo Verde e Guinea Bissau. Anche a loro ha parlato della libertà religiosa, invitando al dialogo cristiani e musulmani. «Voi esercitate il vostro servizio - ha detto il Pontefice - spesso in collaborazione con uomini e donne che non condividono la fede cristiana, in particolare con dei musulmani». «Gli sforzi così impiegati per un incontro nella verità dei credenti di differenti tradizioni religiose - ha continuato - contribuisce alla realizzazione del bene autentico delle persone e della società». «È doveroso - ha aggiunto Papa Ratzinger - approfondire sempre di più le relazioni fraterne fra le comunità, al fine di favorire uno sviluppo armonioso della società, riconoscendo la dignità di ogni persona e permettendo a tutti il libero esercizio della propria religione». Benedetto XVI, riprendendo la sua recente enciclica «Deus caritas est» ha infine spiegato che le opere caritative non possono «essere un mezzo al servizio del proselitismo, poiché lamore è gratuito».
Ancora un appello per la libertà religiosa, dunque, che viene considerata unindispensabile condizione perché vi siano dialogo e comprensione tra credenti di fedi diverse. Ma anche un invito a proseguire sulla via del dialogo «nella verità» con gli appartenenti alle altre religioni, per evitare il rischio incombente dello scontro di civiltà.
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