
Leenane è un villaggio irlandese che ospita una piccola comunità, nella Contea di Galway, dove vivono una madre e una figlia, in un contesto di povertà che alimenta le difficoltà dello stare insieme e rende labile, oltre che fragile, la convivenza tra una donna anziana, interpretata, in maniera eccezionale da Ivana Monti, l'ultima grande attrice del teatro italiano e da Ambra Angiolini (nella foto), giovane 40enne single che dà al personaggio di Maureen, le frustrazioni di una donna che sente tarpate le libertà da una madre tirannica. Entrambe sono protagoniste, insieme a Stefano Annoni e Edoardo Rivoira, del dramma di Martin McDonagh «La reginetta di Leenane» che riscosse, nel biennio 1996-98, un successo internazionale, tradotto in 21 lingue e rappresentato in 28 nazioni. Ricordo l'edizione dello Stabile di Genova, al Teatro Duse con la regia di un giovane Valerio Binasco, Gianna Piaz, Daniela Giodano, Sergio Romano e Fulvio Pepe. Un dramma familiare cupo, dal linguaggio duro, penetrante, realistico, tradizionale, benché i temi trattati fossero universali: la cattiveria umana, gli egoismi, la solitudine, la povertà, il degrado. Il teatro europeo di fine millennio stava vivendo la Stagione esaltante di una seconda Avanguardia, quella del Teatro Postdrammatico, tanto che qualche critico si chiese il perché del successo mondiale di un autore alla sua prima impresa teatrale e diventato, nel tempo, oltre che drammaturgo, anche sceneggiatore cinematografico. Gli scontri generazionali esistono in tutte le epoche di trapasso che, per McDonagh, diventano anche scontri metaforici, da leggere come conflitti tra due culture, quella irlandese e quella inglese. Un inferno familiare diverso da quello di Strindbergh, inteso come lotta di cervelli, piaciuto a Raphael Tobia Voghel che lo mette in scena al Teatro Parenti fino al 22 giugno. Optando per l'inferno familiare, dopo quello che aveva sperimentato con « Scene di un matrimonio» di Bergman, tanto da andare in cerca di una possibile equazione: realtà-follia, resa maggiormente evidente dalla tossicità relazionale che, sul palcoscenico, diventa l'impasto verbale che evidenzia il lato oscuro dei nostri sentimenti e comportamenti. Raphael Tobia Vogel ha capito che quel dramma familiare è il microcosmo di una realtà molto più vasta, fatta di tensioni, violenza, patologie anche se Mag e Maureen sono in cerca di un po' d'amore per non rimanere sole. O «per andare in paradiso, prima che il diavolo si accorga che siamo morti», oppure per realizzare, nel caso di Maureen, il sogno di continuare ad essere la bella regina, come l'aveva definita Pato, un suo possibile innamorato, ostacolato dalla madre ossessiva.
Raphael Tobia Vogel era gia interessato a McDonagh come sceneggiatore e regista cinematografico, alla sua idea di violenza che alterna il noir col dramma, la tragedia con l'umorismo. he in noi convivono tante piccole parti di violenza che possono venire a galla da un momento all'altro. Eppure, egli sostiene che si possa odiare con amore, a dimostrazione della complessità dei nostri sentimenti.