da Roma
Nel fine settimana, al massimo allinizio della prossima, Marco Pannella saprà di che morte dovrà morire la sua candidatura alla segreteria del Partito democratico. Ieri mattina, terminata ludienza davanti al Tribunale civile di Roma, la prima sezione, presieduta dal giudice Franca Mangano, si è riservata di pronunciarsi sul ricorso presentato lo scorso 12 agosto dal leader radicale contro Ds, Margherita e il «Comitato 14 ottobre» per la sua esclusione dalle primarie. Il tribunale ha così deciso dopo che il pm delegato per gli affari civili, Salvatore Vitello, si è espresso per linammissibilità del ricorso, perché non sarebbe stato leso alcun diritto.
Intanto, Pannella incassa perlomeno lappoggio («personalmente riconosco la fondatezza di molte delle sue ragioni») che il ministro della Difesa Arturo Parisi, determinato a rendere più frizzante la gestazione del nuovo partito, gli rinnova dai microfoni di Radio Radicale. Spiega Giuseppe Rossodivita, legale di Pannella, che a suo avviso non è valido il motivo per il quale al suo assistito non è stato permesso di candidarsi, cioè il non aver sciolto «Radicali italiani» al pari di Ds e Dl, perché «il Pd a tuttoggi non esiste e riteniamo che debba essere preso come riferimento lo schema giuridico dellofferta al pubblico». Ma in questo caso, se la legge è forma, la sostanza potrebbe essere unaltra. Rossodivita non usa perifrasi: «I rappresentanti del Pd hanno spiegato che Pannella e larea radicale non sono compatibili con lo stesso Partito democratico. Forse è il caso di farne un problema politico».
E figurarsi se il guru di Torre Argentina può dare segnali di resa. Anzi, ringrazia Parisi, che «da padre di questo progetto si sta accorgendo che, malgrado la sua battaglia, gli hanno sostituito il bambino in culla con un partito tradizionale».
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