Parisi già sega le gambe al tavolo di Amato

da Roma

La proposta di Convenzione per le riforme avanzata da Giuliano Amato resta in pista dopo le aperture dei Ds e di Forza Italia e An. Non che qualcuno pensi realisticamente che un simile organismo possa di qui a poco vedere la luce con atto bipartisan (anche se Gianni Alemanno già propone di farlo presiedere da Gianfranco Fini, in atto di omaggio al suo ritrovato leader) ma il ministro dell’Interno ha comunque sparigliato le carte con la sua proposta di dialogo sul maggioritario apertamente rivolta a Silvio Berlusconi.
È ciò che sollecita assiduamente anche il presidente Napolitano, e quindi né Prodi né Fassino possono rispedire la questione al mittente. E così Amato si è anche ritagliato un ruolo da protagonista, da interlocutore riformista e avversario di ogni demonizzazione del Cavaliere (che per altro all’epoca lo vedeva di buon occhio per il Quirinale), e se lo giocherà anche al tavolo del conclave dell’Unione a Caserta, quello convocato da Prodi per decidere l’«agenda del 2007». Nella quale rientra anche, per amore o per forza, la partita elettorale.
Un’esplicita bocciatura della Convenzione arriva dal ministro dei rapporti col Parlamento Chiti, che si è sentito scavalcato dal collega di governo. A lui infatti è toccato l’incarico di esplorare le forze politiche sulla riforma elettorale, e la sua esplorazione sta andando in direzione assai diversa da quella auspicata da Amato, che parla di maggioritario francese a doppio turno. Il perché Chiti lo spiega chiaro: «Non è pensabile un’intesa sulla legge elettorale che escluda i partiti minori». Ergo, non è pensabile un modello maggioritario, perché spaccherebbe la maggioranza di governo, «e se la maggioranza si spaccasse è realistico pensare che avremmo nuove elezioni e non una nuova legge». E infatti il ministro ha in carnet solo dei progetti a base rigorosamente proporzionale sia pur mixato e shakerato con spruzzi di premi di maggioranza, sul modello delle regionali o delle provinciali. Su questi consulterà anche i messi di Forza Italia, nelle persone di Bondi e Cicchitto, che lo incontreranno giovedì. Ma che subito dopo, annunciano, chiederanno «un incontro ai singoli partiti di maggioranza per avere un quadro obiettivo di tutte le posizioni in campo». Il che non lascia presagire nulla di buono per l’«esplorazione» del ministro Chiti: è chiaro che gli uomini di Berlusconi puntano a riaprire il gioco, con l’obiettivo di far emergere le divergenze nel centrosinistra e di stanare soprattutto i ds. Usando come grimaldello anche le aperture di Amato. E infatti i piccoli partiti continuano a suonare l’allarme rosso contro gli inciuci, contando sul proprio peso contrattuale nei confronti di Prodi. Che è da sempre maggioritario, ma che tra i propri principi elettorali e le sorti del suo governo difficilmente sceglierà i primi. «La disponibilità di Berlusconi sulla Convenzione è una polpetta avvelenata», avverte il verde Cento. «Non si guardi al di là della barricata», tuona il Pdci Rizzo denunciando «piani» di «inciucio» per «normalizzare la democrazia». «Non accetteremo alcuna riforma per risolvere i problemi interni al partito democratico», fa sapere l’Udeur Fabris. Intanto il presidente del Senato Marini rievoca la bontà del Mattarellum (75% maggioritario e 25% proporzionale) e dice che la proposta di Amato «va approfondita». E Arturo Parisi riconosce che «Berlusconi c’è e con lui bisogna arrivare al confronto».

Il ministro della Difesa non crede molto alla Convenzione, ma continua a puntare sul referendum, tanto che ieri si è lamentato della richiesta di rinviare la raccolta delle firme avanzata da Dario Franceschini: «Abbiamo cominciato la battaglia esattamente 17 anni fa, e questo ci chiede ancora due anni? Non se ne parla».

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