Politica

Il parroco paga chi chiama il figlio Carpoforo

È il nome del patrono del paese ma nessuno lo usa. «Offro un premio di 2.500 euro»

Franco Sala

da Renate (Milano)

Don Ezio Castoldi, parroco di Renate, un paesino lombardo, pur di attribuire il nome del patrono a un piccino è disposto a pagare. Sì a pagare 2.500 euro. Eppure neanche il premio in denaro pare riesca a convincere un papà a una mamma ad andare incontro ai desideri del parroco. E sì, perché il patrono non porta un nome da niente: Carpoforo. Mica facile dargli un nome così a un piccolo che si affaccia alla vita. L’anziana perpetua Ginetta dice che il suo don Ezio avrebbe scherzato. Resta il fatto che quello che ha in mente lo ha detto per ben due volte dal pulpito.
Nella piccola Renate, ai confini tra le province di Milano e Lecco, paese natale del Cardinale Dionigi Tettamanzi, un tizio che risponde al nome di Carpoforo, non lo trovi. Don Ezio è andato a spulciare i libroni archiviati in sacrestia: niente. Ha controllato l’elenco degli ultimi cento anni, ma di cittadini che portano il nome del patrono, al quale è dedicata anche la parrocchia, non ha trovato traccia. Una sola persona anziana ha come secondo nome Carpoforo. Ma pare addirittura che neanche la persona in questione sappia di questo secondo nome.
Tempo fa, il sacerdote, che cura le anime renatesi, durante la messa ha gentilmente invitato la comunità a prendere in esame l’ipotesi. Parole sprecate. Avanti Luca, Andrea, Giovanni. Carpoforo, neanche per sogno. L’altro giorno il religioso, numero uno anche del decanato di Carate Brianza, durante la Santa Messa, è tornato a battere il chiodo. Il prete si rende conto che sia un nome un pochino difficile da portare.
«In ogni caso – aggiunge il sacerdote – credo che sia bello affermare un segno di riconoscenza e un legame con la comunità d’appartenenza». In poche parole: mettere al figlio il nome Carpoforo. «Sono sempre disponibile a riconoscere la dote in denaro perché sarei davvero felice di battezzare un piccolo Carpoforo, seppure comprendo che al primo impatto sembra un po’ insolito».
Ma chi fu San Carpoforo? A Renate l’hanno scoperto solo tre anni fa, quando un gruppo andò visitare le chiese di Milano con l’Arcivescovo, che le spoglie di San Carpoforo sono conservate in San Fedele. Come mai sia stata scelta la chiesa del paese in perenne memoria del santo non si capisce. La parrocchia ricorda pure San Donato ma, grazie a Dio, i neo genitori con Donato sono certamente più magnanimi. È Carpoforo che proprio non prende piede. Fosse come Gennaro a Napoli, don Ezio Castoldi quanto sarebbe contento. Purtroppo, per lui, quelli di Renate sono fatti così. Un figlio, che gli amichetti d’asilo e poi le fidanzatine da grandicello, lo chiamino a gran voce Carpoforo, non lo sopportano.

Neppure a pagarli.

Commenti