Sono praticamente terminate le operazioni di sgombero delle tende che per quasi due mesi hanno ospitato i rom di via Marcora, a Opera. In realtà però già da domenica sera, rom e presidianti avevano lasciato larea. Lultimo nomade, infatti, è partito attorno alle 18.30 e in concomitanza veniva fatto chiudere il baracchino-bar dei presidianti. Sul luogo della protesta rimane poco: alcuni cassonetti pieni di vestiti donati ai rom per lemergenza umanitaria, lo scheletro del bar allestito dai presidianti, la cenere per i falò e un paese diviso. Numerosi sono stati gli appelli lanciati dal sindaco Ramazzotti per ritrovare lunità sociale perduta. «Ci riconsegnano una comunità frastornata, divisa e ferita - commenta il sindaco -, sembra che Opera non sia più quella di prima. Dobbiamo rinsaldare i legami della nostra comunità ma soprattutto dobbiamo ricostruire allesterno limmagine di Opera così gravemente danneggiata da fatti resi clamorosi dai gesti estremi e dalle frasi a effetto».
In quasi due mesi di protesta, se da un lato si sono formati due schieramenti divisi fra loro, cè anche chi ritiene questa esperienza positiva. Fra i presidianti, infatti, si è instaurato un bel rapporto. Anche se alla fine hanno ottenuto ciò per cui combattevano, qualcuno ha rimpianto le lunghe nottate passate alladdiaccio nel presidio. Dopo lo sgombero infatti una trentina di presidianti che prima della protesta non si conoscevano nemmeno, si sono ritrovati nel capannone di Antonio a fare una grigliata... «Una volta alla settimana - giurano i presidianti - ci ritroveremo tutti qui per bere e fare due chiacchiere». «Per due mesi - commenta Claudia - abbiamo condiviso le stesse idee e gli stessi problemi, è nata una bella amicizia». Per Fabrizio invece, il presidio è stato meglio di un circolo aggregativo: «Persone di qualsiasi credo politico e di qualsiasi età, ora si sentono legate da unamicizia vera».
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