Partite le prove tecniche di inciucio centrista

Roma«Il sonno della ragione genera mostri». Ma questa volta non si tratta dei pipistrelli e dei felini raffigurati da Goya, ma del peggior incubo nel quale potesse incorrere l’ignaro elettore italiano: la condanna a morire democristiano.
L’incontro di ieri pomeriggio alla Camera tra casiniani, finiani, rutelliani e lombardiani (quelli del governatore siculo s’intende) non ha partorito solo la prevedibilissima astensione sulla mozione di sfiducia contro il sottosegretario Caliendo, ma ha evocato come in una seduta spiritica lo spettro della Balena bianca che si materializza a insaputa dei cittadini che nel 2008 avevano votato per il centrodestra e per il centrosinistra.
«Non nasce oggi il cosiddetto terzo polo ma un’area di responsabilità che speriamo non sia solo sullo specifico caso Caliendo. Speriamo continui anche su altre questioni», ha esultato il segretario udiccino Lorenzo Cesa auspicando «a settembre-ottobre una convergenza sulle questioni che dovrà affrontare il Parlamento». Il leader Pier Ferdinando Casini si è limitato a definire «positivo» l’accordo trovato, a bollare come «gossip giornalistico» l’evidente tentativo di ammucchiata al centro.
I numeri, però, non mentono mai: oggi, salvo sorprese dell’ultim’ora, si asterranno abbassando il quorum i trentotto udc, i trentatré fli, gli otto dell’Api e i cinque dell’Mpa e molto probabilmente pure i due repubblicani Nucara e La Malfa per un totale di 86 deputati. «Il bipolarismo si è rotto», gongolava Francesco Rutelli anche se il collega di partito Pino Pisicchio ha un po’ frenato i facili entusiasmi dichiarando «è presto per parlare di terzo polo».
Eppure, a leggere in controluce, tra il bisagliano Casini e il moroteo Pisicchio si respira quel clima da Piazza del Gesù e da vecchio caminetto di Via della Camilluccia. Ironia della sorte a materializzarlo sono stati il post-fascista Fini e un ex comunista (ed ex dipietrista) come Aurelio Misiti, attuale portavoce dell’Mpa. «È stata individuata un’area di responsabilità istituzionale che potrà trovare ulteriori momenti di confronto», ha detto.
Con le lancette dell’orologio che tornano indietro non si può restare bloccati nel presente o in un incerto futuro. Soprattutto per un vivace discepolo di Benigno Zaccagnini come Dario Franceschini, capogruppo del Pd, acquattatosi dietro una pianta ieri nel cortile di Montecitorio assieme a Casini. Certo, le dichiarazioni sono quelle imposte dalla pseudo-linea del partito (con Bersani che invoca un esecutivo Tremonti): «Il governo d’ora in poi dovrà basarsi sulle astensioni: è un governicchio». Come quello del compianto dc Goria.
I Popolari del Pd hanno il freno a mano tirato in attesa che si liberi qualche poltrona.

«Casini, Fini e Rutelli cosa fanno assieme? Aspettiamo settembre», ha chiosato Castagnetti. «Se avessimo voluto lasciare il Pd, l’avremmo già fatto», ha tagliato corto Fioroni. Ma da ieri la Dc non è più solo nell’album dei ricordi.

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