È senza dubbio vero che parlare di Pier Paolo Pasolini provando a riflettere se esista un risvolto conservatore nel suo pensiero e nelle sue opere rivela "sudditanza e provincialismo" come scrivono alcuni articoli in questi giorni a proposito del convegno Pasolini conservatore organizzato dalla Fondazione Alleanza Nazionale la prossima settimana al Senato. L'iniziativa - criticata ancor prima di svolgersi e di ascoltare cosa diranno i relatori, che è un po' come parlare di un libro guardando la copertina senza averlo letto - ha infatti il pregio di aver fatto uscire allo scoperto chi, animato per l'appunto da sudditanza e provincialismo, non accetta che Pasolini possa essere raccontato con una prospettiva differente.
Significa in un colpo solo relegare una figura eterogenea come Pasolini a una singola visione e cancellare qualsivoglia dibattito sulla sua figura trasformando l'anniversario per i cinquant'anni dalla sua scomparsa in una celebrazione a senso unico.
Parlare di Pasolini conservatore ha scatenato polemiche social e articoli indignati principalmente a causa di due motivi.
Da un lato il "monopolio della memoria" che la sinistra vuole detenere in ogni ambito della cultura a partire dalla letteratura o dal cinema non ammettendo l'esistenza di visioni alternative o di un dibattito, tanto più se ci si riferisce a figure che in vita hanno avuto posizioni non ortodosse come Pasolini. È anche il caso di Renzo De Felice e Giampaolo Pansa e delle polemiche suscitate dalle loro tesi sul fascismo e sulla guerra civile.
Si tratta, a ben vedere, di un retaggio di quella visione che caratterizzò il Partito Comunista Italiano portando vari intellettuali, pensatori e figure del mondo culturale a prendervi le distanze dopo la rivolta d'Ungheria nel 1956.
Ma c'è un secondo motivo per cui la conferenza dedicata a Pasolini conservatore suscita fastidio ed è la concezione errata del termine conservatore. Si tende infatti a considerare il conservatorismo come una corrente di pensiero a difesa di piccole rendite di potere, di chiusura verso qualsiasi forma di cambiamento, di privilegi piccolo borghesi, tutto il contrario di ciò che è davvero.
In realtà il convegno al Senato non ha nessun "piano egemonico" da parte della destra come scrive Il Manifesto ma pone semmai un'altra questione legata allo scontro a sinistra sulla memoria di Pasolini. Come spiega l'onorevole Alessandro Amorese "la destra italiana parla di Pasolini dagli anni Ottanta e non si capisce perché ciò faccia scandalo. Chi fa polemica dovrebbe rileggere Una lunga incomprensione.
Pasolini tra destra e sinistra di Adalberto Baldoni e Gianni Borgna che era iscritto al Pci".A fronte di una sinistra più dialogante e riformista c'è infatti chi ancora concepisce la cultura con una mentalità totalitaria non ammettendo che si possa discutere di Pasolini con una prospettiva diversa.