da Roma
Mentre la cronaca ci rimanda ai disastrosi effetti dellindulto, Laria salata, film drammatico dellesordiente Alessandro Angelini incentrato sul recupero dei galeotti, si assume il compito di «portare al cinema lo spettatore distratto dai cinepanettoni», per dirla con i responsabili di 01, casa distributrice della pellicola, dal 5 gennaio nelle sale. Detto che lo spettatore pagante non va al cinema per fare Quaresima, ma per passare un paio dore guardando un prodotto giustificante i sette euro del biglietto, ecco un docudrama ambientato in carcere ai nostri giorni. Strano, ma vero, il serrato confronto tra un educatore (Giorgio Pasotti) e un balordo (Giorgio Colangeli, veramente bravo) avviene nel dismesso carcere di Pescia, in provincia di Pistoia. Un penitenziario che lo Stato ha costruito ma mai usato, quindi è stato affittato dalla Regione Toscana alle troupe di Bianca Film e Rai Cinema, qui produttori, con Donatella Botti (700mila euro di budget): perlomeno qualcuno ne beneficia.
«La giustizia devessere conciliativa, non precludendo allindividuo la possibilità di un recupero», illustra il regista, anche autore di soggetto e sceneggiatura (con Angelo Carbone), densi duna scrittura da addetti ai lavori. Il trentacinquenne Angelini, infatti, sei anni fa vincitore del Torino Film Festival col documentario Ragazzi del Ghana, ha prestato opera di volontariato nel carcere romano di Rebibbia, maturando una discreta conoscenza delluniverso carcerario . Michela Cescon si cala dignitosamente nel ruolo «più maschile che femminile» (dice lei) della sorella di Fabio-Pasotti, disegnando una convincente figura minore, ma solida nel rifiuto dun padre unicamente anagrafico. «Ho letto la sceneggiatura alle tre di notte e mi sono subito convinta», spiega lattrice.
Pasotti fa il galeotto redento e ora sfida i cinepanettoni
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