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Passa la fiducia sulla Finanziaria L’Udeur: «Non la volevamo così»

Voto scontato alla Camera. Prodi: «Manovra ottima, chi ha meno avrà di più». E Letta si esalta: «È bellissima»

Fabrizio Ravoni

da Roma

Con 311 voti a favore (20 in meno della fiducia), e 251 contro (20 in più della fiducia), la Camera approva la manovra per il 2007. Un voto scontato per nulla intaccato dalla migrazione dei venti voti che dalla maggioranza sono passati all’opposizione. Fenomeno che non sarebbe ascrivibile a cambi di schieramento, ma solo a una diversa composizione delle presenze.
Con un particolare. Il tradizionale Consiglio dei ministri flash che precede il voto finale non approva una sola nota di variazione al bilancio, ma due. Una è quella che recepisce gli effetti degli emendamenti sui saldi di bilancio: e rientra fra i “riti” di una Finanziaria. L’altra nota di variazione, invece, applica alla manovra gli effetti del decreto fiscale, in discussione al Senato. In teoria, gli effetti del decreto dovrebbero essere già compresi nei saldi di finanza pubblica previsti dalla manovra. Quindi, perché scrivere una nota di variazione al bilancio per un effetto già previsto? Un altro dei misteri di questa Finanziaria.
Una manovra che Enrico Letta non esita a definire «bellissima». Anche Romano Prodi partecipa alla “gara degli aggettivi”. «È una Finanziaria forte, ottima. Si poteva farla minima - commenta - attenti solo a tappare i buchi e rimediare i guasti del passato. Abbiamo voluto fare una manovra di sviluppo e anche di equità. Coloro che avevano meno, avranno qualcosa in più. Ma le imprese hanno avuto per il loro sviluppo quanto mai avevano avuto nella storia di tutte le Finanziarie».
E proprio per il sostegno alle imprese, Prodi confida che «questa Finanziaria aiuti la ripresa dell’economia italiana, condizione necessaria perché i conti siano stabilmente in ordine». Il presidente del Consiglio forse non ricorda che per il prossimo anno il suo governo prevede un rallentamento della crescita, a causa di questa manovra; non un aumento. La Relazione previsionale e programmatica, infatti, porta la crescita del Pil all’1,3%, contro l’1,6-1,7% di quest’anno. Quindi, è lo stesso governo a dire - nei documenti ufficiali - che la manovra frenerà la crescita.
Eppure, Piero Fassino insiste nel dire che la missione di questa manovra, il suo primo obbiettivo, è «quello di far rimettere in moto un Paese stagnante, fermo». Anche se l’Istat ha fotografato una crescita sostenuta nei primi due trimestri dell’anno, e un suo rallentamento (con una dinamica, cioè, inferiore a quella segnata nei periodi passati) nei trimestri successivi; compreso l’attuale, che segnerà un rallentamento dei consumi. Segno tangibile di come, da quando questo governo è in carica, il Pil abbia iniziato una flessione e non un rilancio.
Nella ventata di ottimismo che accompagna ogni voto parlamentare di una manovra c’è spazio anche per Mauro Fabris. Il presidente dei deputati dell’Udeur confessa: «Non è proprio la Finanziaria che avremmo voluto. Credo che a gennaio, quando le famiglie e le imprese si troveranno più soldi in tasca, molti malumori passeranno». In realtà, c’è il rischio che non sia così. L’effetto combinato delle nuove aliquote Irpef, sommato alle addizionali comunali, corre il rischio di ridurre il potere d’acquisto anche per le fasce di reddito meno fortunate, a partire dai 25mila euro all’anno.
A gennaio sarà così più difficile per Franco Giordano spiegare che la maggioranza è «riuscita a costruire un sistema fiscale che permette a ciascun lavoratore sotto i 40mila euro di avere una busta paga superiore all’attuale». Per il semplice fatto che quest’annuncio rischia di diventare reale solo nelle carte del ministero dell’Economia, non nel Paese.
E proprio ai vertici del ministero dell’Economia, Prodi ha voluto inviare «un grazie particolare». A Padoa-Schioppa, in primis. Ma anche al sottosegretario Nicola Sartor «che fa un lavoro micidiale, durissimo, ma anche nascosto; e, quindi, dimenticato. Ma è sempre riuscito - commenta Prodi - a mantenere la coerenza della Finanziaria».
Una coerenza data dai numeri. La Finanziaria è entrata al consiglio dei ministri del 29 settembre fatta da 170 articoli. Il Capo dello Stato ne ha firmata una di 220 articoli.

E dopo il primo passaggio parlamentare è diventata di 16 articoli e 826 commi.

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