Passera: «C’è lo spazio per ritoccare le tasse sulle rendite finanziarie»

Intesa Sanpaolo accetterebbe di buon grado una «micro tassa» sulle transazioni finanziarie, una sorta di Tobin tax per rimediare agli eccessi della speculazione. Corrado Passera rompe il fronte delle banche, finora compatto contro il proposito giunto sul tavolo del G20 di imporre all’industria del credito internazionale di restituire ai contribuenti almeno parte degli aiuti pubblici ricevuti nel pieno della crisi. A patto però che il balzello sia minimo, «non distorca il mercato» e sia applicato a «tutte le transazioni ed erga omnes». «Si parla di una tassazione sulle transazioni finanziarie: c’è stata una grande reazione negativa ma, secondo me, è una cosa di cui si può parlare», ha proseguito Passera. Il ragionamento ruota attorno alla necessità di rimediare alle sperequazioni esistenti tra i Paesi europei: in alcuni Stati i redditi delle banche sono tassati al 20%, mentre in Italia l’aliquota è intorno al 40%. Ma il numero uno di Intesa va oltre, insiste sul fatto che in Italia gli ingranaggi del fisco siano «da rivedere. Abbiamo alcune rendite finanziarie che sono tassate particolarmente poco. Secondo me, non sarebbe strano guardarci dentro e trovare delle occasioni di armonizzazione a livello europeo che potrebbero portare un beneficio nelle casse dello Stato». Rimediare al problema sarebbe anzi «del tutto ragionevole». Passera puntualizza che non si riferisce ai Bot, l’eterno amore delle famiglie italiane, ma è indubbio che la mano del fisco è più leggera proprio con i titoli di Stato e con i guadagni in conto capitale ottenuti per esempio dalla compravendita di azioni (il cosiddetto capital gain) di quanto non accada invece per i conti correnti.
Passera torna poi a bocciare l’idea di Inghilterra, Francia e Germania di introdurre un prelievo che colpisca almeno tutte le banche europee. Bisogna tenere conto che nel pieno della crisi le stesse misure d’emergenza sono state diverse, alcuni Paesi come l’Inghilterra hanno gettato miliardi di denaro pubblico per puntellare sistemi bancari malconci e contenere il panico dei correntisti accalcati fuori dalle filiali di Northern Rock. «Non è strano che questi governi ipotizzino tasse che permettano di recuperare parte di questi investimenti», ha detto Passera. Altri Stati invece, come l’Italia, «non hanno dovuto salvare alcuna banca»; l’unico intervento del Tesoro sono stati i Tremonti-bond utilizzati da Monte Paschi e da una manciata di popolari.
Quanto invece al braccio di ferro in corso tra la Fiat e la Fiom per il destino di Pomigliano, Passera insiste sulla necessità di «trovare il modo di mantenere in italia, alle giuste condizioni, l’attività manifatturiera e attirare dall’estero gli investimenti che senza contratti adeguati non ci sarebbero».

Come prova di impegno tangibile per le pmi ieri Intesa ha siglato un accordo con la Banca Europea degli Investimenti: sul tavolo ci sono 680 milioni per finanziarie iniziative industriali e nuovi servizi per le piccole e medie imprese, attività nelle energie rinnovabili e progetti infrastrutturali.

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