È il momento degli uccelli. Se l'intrigante passerotto ficcanaso di Del Piero pare oramai relegato a sporadiche apparizioni pubblicitarie in occasione delle gare della Nazionale e il disneyano «Chicken Little» risulta aver riscosso decisamente pochi consensi, restano, ahinoi, sempre più attuali i temi dei volatili infetti, dell'influenza aviaria e di tutte le manifestazioni «aviariofobe» che ne conseguono. E mentre a Sanremo trionfano il «piccione» e il tubare di un Povia (che vorrebbe «avere il becco» ed è convinto che il segreto sia «volare basso»); sempre in Liguria, a Genova, un Colombo fa continuamente e involontariamente parlare di sé. Non si tratta di quel Colombo, del celeberrimo Cristoforo, nativo proprio della Superba, che il 12 ottobre del 1492 giunse per primo, altrettanto involontariamente, sulle coste dell'America centrale; ma di Corrado Colombo, spuntato centravanti ventiseienne, da circa tre mesi diventato, suo malgrado, l'emblema di una discutibile e opinabile linea societaria. La linea societaria in questione è quella della Sampdoria, del suo Presidente Riccardo Garrone e del suo Amministratore Delegato e Direttore Generale Beppe Marotta, ormai da anni fautori della politica degli svincolati e dei prestiti con o senza diritto di riscatto; in poche parole, della politica del risparmio.
Il miracolo sportivo (dalla «quasi Serie C» alla «quasi Champions League») ed economico (ripianamento dei debiti, abbassamento del tetto ingaggi) di cui il binomio Garrone-Marotta si è reso protagonista non si discute, rappresenta la storia, risulta tangibile, visibile a tutti; ma, oggi più che mai, occorre che ognuno si assuma le proprie responsabilità. L'assenza d'investimenti (di cui il «povero» Colombo, insieme con gli altri «neoacquisti» Iuliano e Marchesetti, è divenuto simbolo) e il perenne affidamento ad operazioni a costo zero hanno tratteggiato, insieme con la carenza di entusiasmo ai vertici, di quella voglia di migliorarsi e anche di sognare necessaria nelle competizioni sportive, un progressivo impoverimento di quel progetto che Garrone, Marotta e Novellino avevano delineato fin dall'estate del 2002 e fino alla scorsa stagione avevano portato lodevolmente avanti.
Perché, quest'anno, è avvenuto quel che è avvenuto? Perché darsi per vinti a prescindere rinunciando a ritoccare a gennaio una rosa visibilmente deficitaria (anche per gli errori commessi in sede di calciomercato estivo)? Questi quesiti attendono risposte. Intanto, da Sanremo, la voce di Giuseppe Povia riecheggia sostenendo che il segreto sia quello di «volare basso»; ma attenzione: c'è sempre il rischio di finire investiti
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