Roma - Potrebbe sembrare una storia di ordinaria burocrazia. Se non fosse per la circostanza che questa «ordinaria burocrazia» sta portando la Repubblica italiana ad avere due Comandanti generali della Guardia di finanza: Roberto Speciale, che non si è dimesso dall’incarico e non ha accettato il trasferimento alla Corte dei Conti, e Cosimo D’Arrigo, il cui decreto di nomina è stato firmato da Giorgio Napolitano e trasmesso alla Corte dei Conti per la registrazione (come ricorda una nota di Palazzo Chigi) l’altro ieri.
La notizia, l’indiscrezione, arriva da una denuncia - sul filo del paradosso - fatta da Calderoli e Schifani, durante il dibattito al Senato. In realtà, non si tratta di una «provocazione» dell’opposizione. Ma da una serie di equivoci, errori, passi falsi, innescati dalla scelta di Speciale di non accettare l’incarico di consigliere presso la Corte dei conti. E ora si dovrà nuovamente riunire il Consiglio dei ministri per varare un nuovo provvedimento destinato a sanare la situazione.
Andiamo con ordine. Il primo giugno scorso si riunisce il Consiglio dei ministri. Con un unico decreto (che però non compare sui sommari della Gazzetta Ufficiale telematica) il governo decide l’avvicendamento ai vertici della Guardia di finanza. Speciale, attuale comandante, viene spostato alla Corte dei conti, come consigliere. E nominato al suo posto, il generale Cosimo D’Arrigo. Il provvedimento va alla firma del Quirinale e inviato lunedì scorso alla firma della magistratura contabile.
I giudici della Corte, però, vengono a sapere dai giornali (manca ancora l’atto formale) che Speciale non intende accettare il trasferimento, «il contentino», come lo chiama lui. Al tempo stesso, non si vuole dimettere: come ha annunciato a Tommaso Padoa-Schioppa. E avvertono gli uffici legislativi di Palazzo Chigi e dell’Economia che, vista la situazione, non possono nominare D’Arrigo, in quanto il posto di Comandante generale della Guardia di Finanza è occupata da Speciale.
La situazione si ingarbuglia. Il presidente del Senato chiede chiarimenti al governo. E Palazzo Chigi diffonde una nota con cui ricostruisce la questione. Ma non spiega che il problema è legata alla mancata accettazione dell’incarico da parte di Speciale. Un’altra nota la fa anche la Corte dei conti: il decreto di D’Arrigo è all’esame degli uffici. I giudici contabili ricordano che hanno 60 giorni di tempo per convalidarla.
Il problema, però, non è la nomina di D’Arrigo (che per correttezza, «fino alla cerimonia di avvicendamento», dice, non indossa le mostrine della Guardia di finanza). Ma la mancata accettazione di Speciale dell’incarico alla Corte, che ha bloccato il «normale avvicendamento» del capo delle Fiamme Gialle. Ne consegue che il governo per uscire dall’impasse deve fare un decreto di revoca dell’attuale Comandante generale delle Fiamme Gialle. Portarlo alla firma del Quirinale. E solo allora, rimosso Speciale, liberata la casella, sarà possibile per la Corte dei conti accelerare la vidimazione del decreto di nomina di D’Arrigo. Spiega il costituzionalista Sergio Fois: «Servivano due provvedimenti: uno di revoca di Speciale, l’altro di nomina di D’Arrigo».
Vista la situazione, da ieri pomeriggio gli uffici legislativi di Palazzo Chigi e dell’Economia sono al lavoro per mettere a punto il nuovo provvedimento. Ma potrà essere portato all’esame del Consiglio dei ministri soltanto dopo che Speciale formalizzerà la sua scelta di non accettare l’incarico alla Corte dei conti.
Ed è per queste ragioni che al Senato l’opposizione ha chiesto al governo di chiarire la situazione prima del dibattito. Ed è forse per questi motivi che il dibattito a Palazzo Madama sulla vicenda Visco inizierà soltanto nel tardo pomeriggio. Forse proprio per organizzare in giornata un Consiglio dei ministri in tutta fretta per varare il decreto di revoca di Speciale.
Per il centrodestra siamo al «caos istituzionale». «Una barzelletta», commenta Calderoli. Che si chiede: «quale decreto il governo ha fatto firmare al capo dello Stato?».
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