Il solo pensare di puntellare i conti pubblici del
nostro Paese con una patrimoniale è «semplicistico » perché potrebbe
esasperare «la fuga di capitali verso l’estero » e invoglierebbe gli
investitori a vendere in maniera indiscriminata sia le azioni sia i
Bot e i Btp che l’Europa ci ha aiutato a difendere dalla speculazione.
Pietro Giuliani,l’ingegnere-imprenditore che siede alla guida di
Azimut, non potrebbe essere più duro rispetto alla prospettiva di
subire una patrimoniale. «I risparmiatori facoltosi sono già molto
perplessi sul sistema Italia. Non stupisce quindi leggere che oltre il
confine svizzero si stanno fregando le mani all’idea di offrire
riparo ad altro denaro proveniente dalla Penisola », prosegue il capo
di Azimut, uno dei pochi gruppi italiani di risparmio gestito
indipendenti, cioè slegati dal sistema bancario.
La vostra rete di promotori ha captato numerosi segnali di questo tipo ?
«Qualche segnale c’è stato ma è un problema noto all’intera industria
del risparmio gestito e più in generale al sistema bancario».
Due o tre motivi per cui la patrimoniale è il peggiore dei mali?
«Gli investitori italiani che hanno investito il proprio denaro in
maniera bilanciata su azioni e obbligazioni è come se avessero già
pagato una sortadi tassa che è possibile stimare nell’ordine del 20%, a
causa del crollo delle quotazioni provocato dalla crisi del debito
sovrano. E questo vale anche per il sottoscritto che ha deciso di
puntaresoprattutto su fondi del gruppo che investono su Piazza Affari
e sui nostri titoli di Stato».
E se il gettito fosse impiegato per un serio piano di rilancio del Paese?
«Sarei disponibile a pagare solo se mi assicurassero che tutte le
forze politiche hanno trovato un accordo su un piano decennale per
l’Italia, indipendentemente dall’esito delle urne. A questa
condizione accetterei una patrimoniale anche molto pesante perché,
se l’Italia fosse capace di diventare il Paese che tutti noi
auspichiamo, ci sarebbe un rimbalzo dei mercati finanziari sufficiente a
“neutralizzare“ il costo sopportato da ciascuno di noi».
Mentre in caso contrario?
«Perderei la pazienza perché, ripeto, dopo aver pagato un dazio del
20% per i problemi del Paese non è possibile pensare di corrispondere
altre risorse senza vedere un progetto di lungo periodo. Non si può
escludere che molti di quelli che potranno, porteranno denari e
residenza all’estero».
Con un forte impatto sulle quotazioni di Piazza Affari e le speranze dei Bot people.
«Alcuni farebbero fronte alla patrimoniale con la liquidità, ma gli
altri non potrebbero certo vendere in massa le case, altrimenti il
mercato immobiliare imploderebbe. Gli italiani sarebbero quindi
costretti a rinunciare a una parte delle
azioni possedute, sebbene stiano già perdendo soldi, e a voltare le
spalle a Bot e Btp. Una cosa non certo auspicabile. Non voglio
stimare l’effetto di una scelta di questo tipo perché la ritengo
sbagliata in partenza. Non si può chiedere soldi senza un progetto di lungo termine».
Qualcuno vorrebbe che l’eventuale patrimoniale risparmiasse le case di proprietà
«Più della metà della ricchezza degli italiani è concentrata nel
mattone. Escludere le case significa cadere in una manovra iniqua. Al
contrario ritengo necessario includere tutti i beni tracciabili, come
ad esempio le automobili d’epoca o da collezione e le barche; non
capisco perché ci dovrebbe essere un patrimonio di “serie A“ e uno di“
serie B“».
Confedelizia ha minacciato di ricorrere alla Corte costituzionale in caso di una rivalutazione delle rendite catastali
«Invece credo sia un intervento necessario. Non è comprensibile che a
Milano per comprare casa si paghi 10mila euro al metro quadro ma si sia
tassati in base a un valore di mille. Altrimenti non è giusto
pagare il 12,50% sulle plusvalenze ottenute dai fondi».
Qualcuno accarezza l’idea di penalizzare anche le aziende?
«È l’ultima cosa da fare, perchè andremmo contro quei pochi che ancora
provano a fare impresa in questo Paese. Non dimentichiamo che la gran
parte ha già spostato la produzione nell’Europa dell’est o in Cina».
Condivide invece l’idea di una massiccia vendita del patrimonio pubblico?
«Sarebbe una misura intelligente.
È inutile abbandonare i beni dello
Stato in un angolo polveroso, meglio affidarli a chi ha il denaro e
l’idea per rilanciarli. La condizione èperò non vendere per
tamponare le falle ma fare qualcosa di realmente duraturo per il Paese».
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