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«Un patto con l’opposizione per non avere rogne»

Poche settimane fa, in una intervista al Giornale, Loris Cereda aveva raccontato così la sua difficoltà di lavorare contro la ’ndrangheta nel comune-simbolo della penetrazione dalla malavita calabrese al nord: «La Procura non ci dice nulla, non ci aiuta a orientarci. É come se non si fidasse di noi». Parole premonitrici, si potrebbe dire ora che Cereda è in carcere. Ma la lettura dell’ordinanza di custodia firmata dal giudice Gateano Brusa, in realtà, prta soprattutto a interrogarsi su quella che ormai si può chiamare «la maledizione di Buccinasco», il destino di un Comune ma anche di una collettività, la storia di trentamila persone che da vent’anni non si riescono a scrollare di dosso il marchio che gli cucì addosso Saverio Morabito, il pentito che qui era cresciuto quando si chiamava ancora Romano Banco, e c’erano più prati che case: «Buccinasco è un’altra Platì».
Di questo marchio - inteso come incarnazione in chiave nordica di riti, crimini ed equilibri da profondo sud - fa parte inevitabilmente anche quella trasversalità degli affari di cui parla esplicitamente il giudice Brusa nell’ordinanza eseguita ieri mattina, puntando il dito contro le opposizioni: «si delinea sullo sfondo un patteggiamento tra talune delle forze politiche insediate nel comune di Buccinasco, avente ad oggetto la garanzia reciproca della non opposizione ad iniziative illegittime dei pubblici amministratori appartenenti a diversi schieramenti politici». Ma parlare di trasversalità a Buccinasco è forse anche poco. Perché qui da sempre gli schieramenti non esistono, e gli stessi personaggi saltano di qua e di là come se nulla fosse, in un caos inspiegabile all’esterno dove il ribaltone è la regola, portandosi dietro ogni volta pacchetti di voti, amicizie, business. Il tutto produce storie incomprensibili a chiunque non viva a Buccinasco: come il percorso di Guido Lanati, padre del Cesare Lanati arrestato ieri, che fu sindaco di centrodestra e divenne famoso affermando che la ’ndrangheta «non gli risultava», poi venne scalzato dal sindacalista Maurizio Carbonera divenuto sindaco antimafia, poi divenne suo alleato, poi lo piantò e tornò nel Pdl, entrò in giunta con Cereda e poi lasciò il posto o ne venne cacciato, in un valzer di polemiche di messaggi a volte bruschi e a volte oscuri.
Ieri, quando la notizia dell’arresto di Cereda finisce sui giornali, a Buccinasco pochi festeggiavano. Sul blog di Rino Pruiti, combattivo consigliere di opposizione, si leggono parole di solidarietà per il sindaco arrestato. E le decine di commenti sono di gente che vorrebbe solo che del posto in cui vive si parlasse per qualcosa che non fossero delitti, tangenti, sequestri. Alla gente di Buccinasco - di sinistra, di destra, di centro - questa «maledizione» pesa.

Ma se - come sembra, almeno finora - in questa inchiesta non c’è traccia (se non labile, sullo sfondo) di clan, e se tutto sembra una storia di piccole, comuni tangenti, di quelle che potrebbero viaggiare in qualunque altro Comune, questa in fondo per la gente di Buccinasco può essere in fondo quasi una buona notizia.

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