È il «patto per» il tormentone dell’era Monti

È il «patto per» il tormentone dell’era Monti

Renato Balduzzi propone un patto per la salute. Walter Veltroni invece lancia un patto sociale, la stessa parola d’ordine del sindaco di Roma Gianni Alemanno. C’è un patto per tutto e per tutti: per salvare l’Italia e per rimettere in sesto la malandata Ue. «Quando l’accordo fra i paesi della Ue sarà stato acquisito - spiega il premier Mario Monti - credo che la Bce si rilasserà». Nello stesso tempo Raffaele Bonanni suggerisce un patto di ferro fra i sindacati, ma Rosy Bindi, perfida, vede un patto di reciproca convenienza fra Bossi e Berlusconi per salvare l’attuale legge elettorale, l’odiato Porcellum. Ma sì, il patto è la nuova parola magica, l’abracadabra della politica italiana, il fondamento virtuale di un Paese che non trova più le proprie radici.
Ormai è un continuo, un susseguirsi alluvionale di patti di ogni ordine e grado. L’ultimo ad evocare il vocabolo più abusato di questa incerta stagione è stato Balduzzi: «Manovra e patto per la salute sono una cosa sola, poi evidentemente il patto potrà avere affinamenti sul rimanente dell’anno». Che vuol dire il ministro con il suo linguaggio vagamente ellittico? Forse che bisogna tirare la cinghia. Però Balduzzi parla di patto e la parola rivernicia l’ovvio: «L’importante è la condivisione sull’idea che il Servizio sanitario nazionale può rimanere tale se si tengono insieme le prospettive sulle risorse e la qualità del servizio».
L’Italia traballa, ma con il patto si cambia pagina. Come con il governo di decantazione e l’esecutivo tecnico. È sempre così: quando le idee - e i soldi - finiscono, si saccheggia il dizionario. Veltroni, ad esempio, gioca alla sua maniera con le suggestioni come con le figurine del suo Pantheon ideale, sempre in movimento. La carta che butta sul tavolo è quella del «patto sociale per la redistribuzione della ricchezza», altro slogan buono per tutte le stagioni e per tutte le emergenze. Il patto dovrà tenere conto dei precari, gli appestati dei nostri tempi, e poi della piccola e media impresa, che è sempre grande nelle promesse della classe politica e piccola nelle sue realizzazioni, e infine dei cinquantenni senza lavoro, che il Veltroni più veltroniano non può non citare nella sua arrampicata sull’ovvio. Il Veltronipensiero è una sintesi del «ma anche» veltroniano, però aggiornata semanticamente.
Del resto scosse e capriole hanno costretto un po’ tutti a resettare le parole d’ordine. Dunque, il patto, che pare un concetto senza peccato originale, entra nella narrazione di Gianni Alemanno, ispirato dall’udienza davanti al Papa, e in quella di Raffaele Bonanni, il leader della Cisl che chiama all’appello «Camusso e Angeletti in vista di un incontro sul lavoro e di un patto più globale». La Bindi, che è sempre un metro più avanti, già usa il patto in negativo: ce n’è uno fra Bossi e Berlusconi, «di reciproca convenienza per salvare il Porcellum». Ovvero, l’orrore della politica italiana. E poi c’è il patto Ue, quello da cui dipende il nostro futuro e quello della casa di milioni di europei.

L’edificio scricchiola, ma Monti non demorde: «Non escludo - spiega - che la Bce dopo che sarà stato acquisito a livello costituzionale l’accordo sul fiscal compact, che include la regola sul pareggio di bilancio, si senta più rilassata». Tutti stringono patti e li mettono in vetrina. Poi, qualcosa succederà.

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