«Obiettori universitari». A prescindere. Il decreto-Gelmini li ignora, ma loro si schierano comunque «contro». Contro cosa, non si sa; ma contro chi, è ben chiaro: il ministro della Ricerca.
LUniversità di Pavia, ad esempio, ieri è scesa in trincea attaccando le «scelte del governo in materia scolastica». Lannuncio è arrivato nel corso di unassemblea svoltasi nel cortile del rettorato. In particolar modo il Senato accademico dellateneo pavese «manifesta un vigoroso dissenso contro le attuali scelte del governo». Poca importa che il governo - in materia universitaria - abbia «scelto» poco o nulla. Una protesta del tutto virtuale, su provvedimenti puramente ipotetici. Primo esempio: «La drastica riduzione del fondo di finanziamento ordinario, nel corso dei prossimi cinque anni». Peccato che non sia stato deciso alcuna «drastica riduzione»; secondo esempio: «Il blocco del turnover al 20% che impedirà il rinnovamento del corpo docente e ridurrà pesantemente le possibilità di carriera di dottorandi, ricercatori e professori associati». Anche su questi aspetti la Gelmini ha offerto ampie garanzie. Ma gli «obiettori cronici» preferiscono non tenerne conto.
A dare manforte agli «obiettori per partito preso» di Pavia sono i loro colleghi di Firenze: «Le manifestazioni in atto hanno cause totalmente condivisibili, cioè la difficoltà ad immaginare un futuro per lUniversità con la drastica riduzione delle risorse da parte dello Stato», ha dichiarato il rettore dellUniversità di Firenze, Augusto Marinelli. Che però lascia aperta una porta al dialogo: «Come ateneo fiorentino abbiamo avviato per questo un dialogo con la Regione e con il ministero».
Intanto lAssociazione docenti universitari (Adu), Cgil, Cisl, Uil, lUnione degli universitari (Udu) e altre 8 sigle hanno stilato una «piattaforma programmatica» (da anni se nerano perse le tracce, ndr) per luniversità, contro «i recenti provvedimenti legislativi e quelli annunciati». Provvedimenti che, «se non bloccati, determineranno la scomparsa delluniversità pubblica». Avete letto bene: «la scomparsa delluniversità pubblica». Tra i principi fondanti della «piattaforma» cè proprio «la natura pubblica del sistema universitario», il suo ruolo sociale e la sua «natura cooperativa e partecipata, laica e razionale». Sindacalese allo stato puro. Ma il meglio deve ancora arrivare. Queste, nel dettaglio, le richieste dei firmatari del documento: «Il sistema di finanziamento delle università deve essere basato su una previsione pluriennale di crescita che avvicini lItalia alla media Ocse e gli atenei non devono essere usati per fare cassa».
I firmatari affrontano anche il nodo del diritto allo studio: «Luniversità dovrebbe svolgere un ruolo di mobilità sociale». Traduzione: tutti in piazza per protestare. A prescindere.
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