La pazza Inter non si smentisce: da 4-0 a 4-3

Grosso e Cordoba pasticciano in occasione della terza rete veronese segnata da Brighi

I supermercati di Milano stanno facendo scorte di tranquillanti. Pare che da qualche tempo vadano di moda. Guarda caso da quando è cominciato il campionato. Ovvio: l’Inter è una garanzia, tranne per i nervi e per il cuore. Inter da pazzi. Non ci sarebbe nulla di nuovo a dirlo, e scriverlo, se ogni volta non toccasse stupirsi, se ogni volta non sorprendesse la fantasia. Stavolta l’Inter ha riproposto il corto circuito provato a Firenze: spettacolo dalla tecnica raffinata. Settanta minuti da lasciar tutti con occhi languidi, quattro gol, una meraviglia, poi quello spegner la luce della compagnia. Come se la squadra si girasse nel letto e dicesse: buona notte. E gli altri, gli avversari, pronti a trasformarsi nella parte di satanelli ballonzolanti, capaci di cogliere l’attimo che fugge.
Storie da non credere, se l’Inter non dimostrasse che è tutto vero. E chissà mai cosa proporrà il futuro. Il presente dice che la gente di Mancini è solitaria in testa alla classifica. Prendere nota, prego: quarta giornata del campionato, non accadeva dalla prima del campionato scorso. Però in questo stare in testa c’è un venticello di novità: l’Inter ha la faccia di chi può starci comoda. Lo dicono le prime partite del campionato, perfino quella con la Sampdoria che ha fatto venire il mal di pancia alla gente nerazzurra. Squadra che trova molte occasioni, ma non sempre le sfrutta. Ieri ha sfruttato tutto o quasi: Crespo è stato un killer, gli altri un buon gruppo per la sinfonia. Mancini ha creduto in Adriano: il piedone brasiliano ha messo buona volontà, ma tanta goffaggine nel resto. Promette, promette, se poi manterrà saranno dolcezze. Stankovic ha pescato un gioiello dal suo repertorio.
L’Inter ha annichilito il Chievo, ha divertito e si è divertita, è riuscita perfino a dimenticare che in mezzo al campo mancavano Cambiasso e Vieira, non proprio due tipi qualunque. Insomma c’era il tanto per passare una domenica tranquilla, in attesa del delirio tremens di Champions. Invece la squadra non vuol stare, e non sa stare, in pace con se stessa e con i propri tifosi. Ci voleva il solito thrilling, ormai catalogato alla voce «normalità della pazzia». Un brutto affare perchè la pazzia fa spettacolo, ma spesso non paga. Ieri il Chievo ha sfiorato il pareggio, come la Fiorentina nella prima giornata. Sono due campanelli d’allarme. Non basta rifugiarsi nel solito tiro all’errore di Mancini e dire: ha stravolto la squadra nel quarto d’ora finale. Nel caso, bisogna dare ragione a Moratti: in panchina ci sono prime scelte o quasi. Chi va in campo deve proporre il meglio. I giocatori non possono permettersi di dormire, distrarsi, spegnere la luce. L’Inter ha già provato in due partite su quattro. Potrebbe essere il punto debole della stagione. Potrebbe essere un invito a capire dove sta l’errore.

Sarà un caso che il centrocampo si sia rammollito con l’uscita di Dacourt, una roccia più che un campione? Sarà un caso se, con Samuel al centro della difesa, l’Inter abbia sbandato come un fuscello? Meglio risolvere il rebus, prima che lo risolvano altri.

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