«Pazzo» ci mette la pezza e rovina la festa Milan

L’Inter ci ha provato, ma non se l’è sentita. Massì, che il Milan soffra ancora un po’. Non accade, ma ci spero, il ritornello sotto traccia, sotto pelle, appena accennato dalle parole di Leonardo: così il campionato, come gli ultimi cinque minuti della partita di ieri. Cinque minuti supplementari, mentre il Cesena sudava freddo e l’Inter sentiva sempre più caldo, carezzata dall’euforia dell’impresa.
Ce l’ha fatta, in fotocopia con la settimana scorsa: indietro di una rete, poi due gol e rimonta, il tanto per farti sentir bene con te stesso. Ma non cambia la faccia di questa squadra: troppi rischi, troppe variazioni sul tema di una grande che fu. Sarà un caso se in trasferta ha segnato appena 20 gol sui 62 complessivi? Sarà un caso se il conto vittorie-sconfitte esterne solo oggi volge al bello(8-7)? E sarà un caso se la squadra ha segnato 33 reti su 62 nell’ultima mezzora, quando gli altri mollano (anche di testa) e sono meno attrezzati nelle sostituzioni (vedi gli errori commessi da Ficcadenti)? Ieri fra l’altro il cambio è stato una manna: fuori l’inutile Pandev, dentro il Paz affamato di gol: ora sono 8 in 14 partite e molti decisivi.
Poi c’è quel marchio di sangue che non si scorda mai: PazInter, che fa tutt’uno. Pazza l’Inter o Pazzini per l’Inter. Comunque vada è stato un successo. Si sono trainati una con l’altro. Quello non segnava da 40 giorni. E lei, la squadra, finalmente si è ricordata come si fa ad innescarlo. Il piedone di Maicon è tornato a solfeggiare, vai con il cross. E il Pazzo non ha creduto ai suoi occhi. Eto’o ha capito e non se lo è fatto ripetere: dai, guarda cosa ti servo? E l’altro fulmineo, un serpente che ti avvelena. Pazzo ha messo la pezza ai misfatti interisti. Cesena gli porta bene. L’ha raccontato Paz. Sempre la stessa porta, sempre nei minuti finali: l’ha sbaragliata con la Samp, c’è riuscito anche stavolta. Il pallone sa sempre come divertirsi e come divertire.
Oggi il campionato aspetta il controcanto del Milan, ma l’Inter ha ritrovato l’orgoglio di chi non vuol mollare. Che scudetto sia, ma conquistatelo. É stato il leit motiv che ha guidato la riscossa. E Pazzini ci ha messo la firma. Lo ha detto alla fine, onesto e orgoglioso. «Volevamo la vittoria, non vogliamo mollare, non volevamo che gli altri vincessero perchè glielo lasciavamo noi». Non si sono concessi come la dama snob che ti guarda dall’alto in basso. Eppure ieri l’Inter pareva proprio una dama snob, sonnolenta e distratta. Ha rischiato di prender gol all’inizio, se Castellazzi non avesse rispolverato tempismo davanti alla punta del piede di Giaccherini. Ha sbarellato in difesa, secondo consolidato stile. Ha dormivegliato a centrocampo tradita dai lumaconi.
Il Cesena ha provato a fare la partita, ha sfruttato il ritmo lento interista, ha cantato sotto la pioggia. Ha carezzato l’idea di assestare la classifica salvezza, quando Budan ha sfruttato un lieve fuorigioco e la svagatezza difensiva nerazzurra.
Poi una bacchetta magica ha trasformato quell’informe compagnia.

È arrivato il principe (quello con la maiuscola si era già perso). É stato calcio da colpo di scena: un classico. C’era qualcosa nell’aria e soprattutto nell’area: tensione e timori. Finalmente football, finalmente Pazzini. Ed eccola di nuovo, di nuovo Inter.

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