Pd in allarme: non si può perdere. E addio fair play

da Roma

Chiuso nella ridotta del Campidoglio, il centrosinistra spara tutte le sue cartucce. L’appello agli indecisi di Francesco Rutelli: «Bisogna riconquistare voto per voto, vi chiedo una mobilitazione porta a porta, negozio per negozio, ufficio per ufficio. In quei giorni c’è un bel ponte, però per una volta si può rinunciare e andare alle urne». L’attacco di Walter Veltroni al candidato del Pdl: «Roma non ha bisogno di uno scendiletto, ma di un bravo amministratore. Se dovesse vincere Gianni Alemanno, verranno messi in discussione pure i viaggi delle scuole ad Auschwitz». Le parole di Goffredo Bettini: «Non abbiamo bisogno di un sindaco che va a braccetto della Lega, che definisce i romani carogne».
Il fair-play è finito, è l’ora dello scontro duro. Del resto nel quartier generale del centrosinistra è suonato l’allarme rosso: Alemanno ce la può fare, dopo 15 anni di monopolio politico Roma è in bilico. E quella per la Capitale è una battaglia che va oltre il valore del controllo di una importantissima amministrazione e anche oltre l’aria di una possibile rivincita dopo la sconfitta del 13 e 14 aprile. I destini del Campidoglio si intrecciano infatti con quelli dei vertici del Pd: potrà reggere Walter a un’altra batosta?
A difendere l’ultima trincea ecco tutti i leader nazionali del centrosinistra: da Massimo D’Alema a Franco Marini, da Antonio Di Pietro a Nichi Vendola. Non è il momento dei distinguo e delle recriminazioni, ma quello di stringere i denti. Ci pensa il grande vecchio Pietro Ingrao a fare una sintesi efficace della situazione: «In questo momento occorre mettere da parte le divisioni e impegnarsi per il ballottaggio, un appuntamento che ha una valenza che va al di là della città di Roma, è un qualcosa che ha un valore politico di enorme portata».
Insomma, più che un test, un crocevia fondamentale. «Una vittoria a Roma - spiega Ermete Realacci, responsabile comunicazione del partito democratico - sarebbe una conferma di forza e consentirebbe di far capire a tutti che disponiamo delle categorie mentali per prepararci alle sfide del futuro. Sarebbe una rivincita, sia pur a dosi omeopatiche». E una sconfitta? «In caso contrario il contraccolpo psicologico sarebbe forse superiore a quello logico».
Un’altra disfatta coinvolgerebbe infatti direttamente Walter Veltroni, che non avrebbe un altro Romano Prodi e l’impopolarità del suo governo su cui scaricare le colpe: il sindaco uscente, il creatore del modello-Roma, è proprio lui. E c’è la sensazione che un’eventuale débâcle potrebbe far uscire definitivamente allo scoperto un diffuso ma congelato malumore che serpeggia nel loft. Finora nessuno ha contestato la «lettura» veltroniana dei risultati delle elezioni: c’era poco tempo, abbiamo ricevuto un’eredità pesantissima, abbiamo recuperato da -20 a -9.
Finora, perché secondo alcuni la sconfitta di Rutelli farebbe da detonatore a una crisi pesantissima. Le prime avvisaglie forse si sono già viste con una dichiarazione di D’Alema: «Se Marini si candida alla presidenza del partito, io lo voto». Dalemiani e ex margheritini potrebbero muovere all’attacco di Veltroni.

Rutelli intanto combatte la sua partita chiedendo voti a una Sinistra arcobaleno depressa e contemporaneamente proponendosi di sfondare al centro come leader moderato. Se non riuscirà a risolvere l’equazione, il vicepremier uscente potrebbe diventare un altro problema per Walter.

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