Roma - Cresce l'incertezza sugli esiti dell’assemblea nazionale del Pd, quella che dovrà decidere le sorti del partito nel "dopo Veltroni". Dopo giorni di silenzio arrivano gli affondi di Massimo D’Alema e Francesco Rutelli a rendere ancora più incandescente il clima interno al partito, con la base che chiede "tutti a casa" e invoca "primarie subito". Intanto tra i big cresce il timore per un’Assemblea ingovernabile, che possa addirittura aprire la strada a una scissione, anche se i tempi non sembrano ancora maturi.
Due candidature in campo Per ora sono due i nomi di chi si contende la segretreria del Pd: Dario Franceschini, appoggiato dai vertici del partito, e Arturo Parisi sostenitore della necessità di andare subito alle primarie. Ma anche i veltroniani annunciano battaglia: Ceccanti è pronto a presentare una mozione perchè si vada subito alla consultazione popolare, mentre cresce il ’partito dei sindaci e dei governatorì che chiedono la convocazione in tempi brevi del congresso. D’Alema, in un’intervista, replica alle accuse smentendo qualsiasi complotto, ma rileva che la crisi del Pd "nasce da scelte insufficienti e confuse" e auspica che ora "si creino le condizioni per una migliore collaborazione e si possa finalmente lavorare insieme".
D'Alema critica Veltroni Quanto alla guida veltroniana per D’Alema l’errore è stato aver imboccato una scorciatoia incentrando tutto sul rapporto "taumaturgico tra il leader e le masse". Il risultato, un partito "ircocervo". Ora, conclude D’Alema, servono "decisioni chiare e condivise". Non ci sono i tempi per un congresso, riconosce, e se Franceschini è la soluzione bene, purché "abbia un forte consenso". Attenzione quindi "a non creare uno strappo tra il vertice e la base".
Rutelli: è stato un colpo durissimo Francesco Rutelli parla delle dimissioni di Veltroni come di un "colpo durissimo al progetto" del Pd il cui futuro "si gioca nei prossimi 100 giorni, o saprà dove andare o c’è l’estinzione" e annuncia che non correrà per la guida del partito, ma non rinuncerà mai a dire la sua.
Letta: costruire un nuoco centrosinistra "Credo che noi dobbiamo costruire un nuovo centrosinistra con un buon rapporto tra il centro e la sinistra. E' infatti l’unico modo per essere alternativi a Berlusconi e competere sull’elettorato moderato che è quello che alla fine decide", Enrico Letta rilancia in avanti la palla aprendo ulteriormente all'ipotesi di un'allargamento al del Pd. Dopo aver detto, l'altro giorno, "senza l'Udc non si vince...". Il dibattito sul futuro del Pd, dopo il brusco addio di Veltroni, si allarga, le diverse linee iniziano a delinearsi, e a manovrare sono soprattutto gli esponenti di area cattolica, oltre all'ulivista Parisi.
"Disponibile a convergenze con i centristi" Letta, esponente del Pd, parla all’assemblea dei centristi convocata a Todi dalla Fondazione Liberal di Ferdinando Adornato per lanciare il nuovo manifesto dell’Unione di Centro. Alla platea dei centristi, alla presenza dei vertici dell’Udc, da Pier Ferdinando Casini a Savino Pezzotta a Lorenzo Cesa, Letta risponde in sostanza in questo modo alle sollecitazioni lanciate per unire i moderati. Letta si dice disponibile a "convergenze per il bene del paese" e ricorda che "le ultime elezioni sono state decise dall’elettorato moderato che ha optato in favore di Berlusconi. Dobbiamo seriamente porci l’obiettivo di convincere quell’elettorato. Penso che il futuro del Pd e del centrosinistra abbia un senso solo se ci concentriamo su quell’elettorato"
"Congresso al più presto" "Penso che dobbiamo trovare il modo di fare il congresso del partito al più presto possibile e questo per il bene del partito", dice ancora Letta. "Dobbiamo evitare la sindrome da 8 settembre e dare un segnale forte di rilancio del partito. Sosterrò la linea che dobbiamo volere bene al Pd che è la cosa più importante". Domani, auspica, "è il giorno in cui spero che il partito esca dalla crisi più profonda. Penso che da parte di tutti noi ci sia, me per primo, l’umiltà e la voglia di uscire da questo gorgo nel quale siamo caduti".
Parisi: "Chi non vede che la casa brucia merita di bruciare" "Il tempo per fare le primarie è abbondante. La casa brucia, guai se quelli che la abitano non si accorgono dell’incendio. Meritano di perire con essa". Così Arturo Parisi ai microfoni di Radio24, rilancia, confermando che si candida a segretario. E chiede che l'assemblea del Pd "consenta di scegliere un segretario con la stessa legittimazione del segretario che ha dato le dimissioni" e quindi propone le primarie: "Poichè la legittimazione di Veltroni, come lui ha ripetuto in tutti questi mesi, derivava dal coinvolgimento di una larga base di cittadini, su questa stessa larga base di cittadini deve essere fondata la scelta del nuovo segretario". Parisi si è candidato alla segreteria "per consentire il confronto politico sulla domanda: perchè Veltroni ha lasciato? Toccava a Veltroni venirlo a spiegare - dice Parisi - Questo non è stato possibile, allora questa risposta dobbiamo darla noi, metterla a confronto, e consentire ai participanti all’assemblea e ai cittadini di scegliere quella più convincente".
Tre priorità Per il Pd Parisi indica tre priorità: "Un’idea di partito fondato sulla scelta dei cittadini. Un partito che si metta al servizio della costruzione di quella opposizione di cui ha bisogno il Paese, e anche lo stesso governo, pena il rischio per la democrazia. Un partito che si confronti e rappresenti in modo credibile le ansie crescenti e la rabbia che sta crescendo dentro la crisi tra la nostra gente".
Quanto all’apprezzamento espresso da Romano Prodi per la sua candidatura, Parisi commenta: "Prodi segue me e tutta la vicenda con il cuore. Personalmente rispetto e difendo la scelta di distinzione che lui ha fatto dopo la caduta del governo. La rispetto io e chiedo che la rispettino tutti. Sono sicuro che tutti la rispetteranno".
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