Roma - Ma dov’è finita Marianna? Proprio lei, che ha battezzato addirittura una categoria sociologica fondamentale per spiegare queste elezioni - «il mariannismo» - è fisicamente scomparsa dalla campagna elettorale: desaparecida, smaterializzata, missing.
Un caso di scuola della «post-politica». La pupilla di Walter Veltroni, lanciata nell’empireo della grande politica con una candidatura di prima linea (capolista nella più importante circoscrizione elettorale) si esprime per interviste rilasciate da località ignota, come i capi di Al Qaida. E a tratti sembra ricordare Simone, la diva virtuale del film di Al Pacino o la Ambra di Gianni Boncompagni: «Turbina e non appare», direbbe forse Montale. Perché Marianna (o chi gestisce la sua campagna) diffida del botta e risposta, delle domande non programmate, dei quotidiani, della tv. I suoi servizi in compenso invadono i newsmagazines. Belle immagini: bionda, boccoluta, fotogenica, ottime photo opportunity. Però la capolista del Pd si nega alla diretta, all’imprevisto. Rifiuta gli inviti dei talk show (finora nessuna apparizione nota). Ancora oggi, malgrado le elezioni siano vicine non ha un sito (!), un’agenda elettorale, non si sa dove faccia campagna, e quando. O meglio: due soli flash. È stata presentata da Walter Veltroni. Poi ha fatto una manifestazione pubblica, per aprire le danze, il 6 marzo, sponsorizzata da Ermete Realacci e presentata da Maurizio Mannoni. Da quel momento non se ne è saputo più nulla, se si escludono tre settimanali: poco più di una foto con didascalia sul Venerdì (tre domande in tutto!) una chiacchierata spensierata su A («siccome credo nella provvidenza sono convinta che presto mi sposerò») e un ritratto pieno di umanità e di colore su Chi («di solito, per Sanremo, mi piazzo con un taccuino davanti alla tv e non mi perdo una puntata»). Le due uscite pubbliche, non sono state giudicate esaltanti dalla critica: Aldo Grasso, nelle sue pagelle sul Corriere le ha esso un severissimo «4». E il giorno dell’esordio Marianna ha ripetuto a giornalisti, televisioni e radio uno slogan che deve esserle parso brillante: «Metterò al servizio del Pd la mia inesperienza!». Frase perfetta per bucare sui media: un po’ meno per i militanti della sinistra, che prediligono i candidati «secchioni», e la possibilità di vantare una diversità rispetto «all’effimero» berlusconiano. Nella seconda uscita Marianna ha esordito con un errata corrige lievemente vittimistico: «Ho detto che avrei portato in Parlamento la mia inesperienza politica, sono stata crocifissa!» (non ha idea di cosa l’aspetta, evidentemente). Dove per crocifissa intende dire che i giornali hanno scritto quello che si sa del suo curriculum: lavora con Giovanni Minoli, è figlia di Stefano, consigliere della lista Veltroni (attore e giornalista) scomparso a soli 49 anni; è stata fidanzata del figlio del presidente della Repubblica, Giulio Napolitano; è nipote di un celebre avvocato Titti Madìa (che difende, fra gli altri, Clemente Mastella). Una catena di relazioni che le è costata l’accusa di «raccomandata» nei dibattiti in rete dove si procede con l’accetta, e dove molti giovani dubitano della qualifica di «precaria» con cui si presenta.
L’episodio più dirompente, nella pur succinta carriera mediatica, è un’intervista all’ottimo Fabrizio Roncone del Corriere della sera. Dove rivela che Veltroni l’ha convocata al loft per arruolarla dopo il suo discorso al funerale del padre («Io non ricordo nemmeno cosa avevo detto... »). E dove racconta di essere entrata nell’Arel di Enrico Letta dopo essersi «entusiasmata» per un suo intervento sul mercato del lavoro. La sua tesi sui pregi della precarietà, purtroppo, è stata vivisezionata dai blogger (al confronto Bobo Maroni pare un bolscevico). Così come non sembra destinata a trovare molti fan a sinistra l’entusiasmo per Giulio Tremonti («condivido ogni sua analisi»). Perché non si è candidata nel Popolo della libertà? Miracoli veltroniani. Marianna definisce l’esclusivo liceo dove ha studiato, lo Chateaubriand di Roma «scuola pubblica francese» (divina). E malgrado conduca un programma Rai insiste: «Sono e resto una precaria. Anzi, mi candido a diventare una politica a termine». Dietro questa misurata regia di leggerezza e glamour - alla Giovani carini e disoccupati - si nasconde la tutela affettuosa del portavoce di Dario Franceschini, Piero Martino, che la presa in affido. Per lei, Calearo e Boccuzzi si è parlato di «lezioni» di comunicazione al loft. Malgrado tutti i filtri, chi scrive è riuscito parlarle. Tutto quello spararle addosso me la rendeva simpatica, volevo invitarla nel mio programma, Tetris. L’ho miracolosamente trovata al telefonino, una mattina presto. Le ho chiesto: «Ti va di venire?». Mi ha risposto cortese: «Sì, il programma mi piace! È giovane, ma... ». Ma cosa? «Non sono io che decido, mi programmano gli impegni: ora farò alcuni settimanali, solo dopo, forse la tv... ». Le chiedo: E chi decide?». E lei: «Diciamo che... mi coordinano». Infatti Martino, «il coordinatore» (diventerà deputato) è stato molto drastico, sia con noi, sia con gli altri: «Eh, eh, eh... Non viene».
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