Il Pd processa il «ribelle» che attacca Fini

Roma Nella giornata dei paradossi succede di tutto. Persino - ed è la prima volta da un anno, da quando si consumò la rottura dentro il centrodestra - che Gianfranco Fini venga applaudito dai banchi del Pdl. Gli stessi da cui contro si levavano solo pochi giorni fa salve di fischi (e volavano anche giornali), ieri battevano le mani in solidarietà col presidente della Camera, attaccato dal Pd Roberto Giachetti e poi difeso da Casini per la sua gestione dell’aula.
E poi succede che il Pd blocchi le critiche di Giachetti, mandando in campo addirittura il segretario Bersani per assicurare che il parlamentare Pd «ha esagerato un po’», e che non si può certo dare un «giudizio globale» negativo sulla presidenza Fini. Con il vice capogruppo Michele Ventura che interviene in aula per dire che «noi del Pd non abbiamo mai messo in discussione il suo ruolo e imparzialità», e con lo stesso Giachetti che deve correggere la linea dopo che il suo partito ha fatto scudo a Fini, e spiega che le sue critiche erano relative solo agli ultimi giorni.
Giachetti, l’uomo che ha guidato in queste settimane tutta la macchina da guerra dell’opposizione parlamentare, chiede la parola di buon mattino e va giù duro contro Fini: «Da quando Pdl e Lega hanno iniziato ad attaccarla e a chiedere le sue dimissioni - dice - si è comportato come forse il peggior presidente in quest’aula verso l’opposizione». Parole aspre, accuse argomentate con un elenco di capi di imputazione: Fini ha tagliato i tempi dell’ostruzionismo; ha negato voti segreti che potevano essere trappole per la maggioranza; è stato troppo indulgente a proposito della «scena invereconda» fatta (contro di lui) dal ministro La Russa, comminandogli «una sanzione-non sanzione»; ha «rotto la prassi» decidendo di portare in aula, anziché votare in giunta dove il centrodestra non avrebbe avuto la maggioranza, la decisione sul conflitto di attribuzioni. Fini ascolta, non fa una piega, ma Casini chiede subito la parola e si dice «allibito» per l’attacco al suo collega di Terzo polo che «presiede impeccabilmente». E lo stenografico della Camera registra vivi applausi da «Udc, Fli, Pdl e Lega».
Un evento, appunto. Tanto che il deputato Pdl Maurizio Bianconi sale al banco di Giachetti e gli dice: «Confessa, dai, ti eri messo d’accordo con Fini!». Non è vero, ovviamente, ma ammette anche il Pd Enrico Letta: «A Fini fa gioco che ogni tanto lo attacchiamo, così non passa da presidente della sinistra...». Nel Pd però si arrabbiano. Non solo per gelosia nei confronti di Giachetti, finito in tutti i tg con la sua intemerata, ma anche perché Fini fa pur sempre parte, idealmente, della Santa alleanza anti-Cav, e non si può trattarlo troppo male finendo per litigare pure con Casini. Anche se in realtà Giachetti dice quel che in molti pensano da giorni, nel Pd: difficilmente dalla presidenza della Camera potranno arrivare ancora assist all’opposizione, nei prossimi mesi.

Messo sotto pressione dal Pdl, che ne chiede le dimissioni ad ogni incidente; attentamente osservato dal Quirinale dove non vogliono essere richiamati a tutelare la «terzietà» delle istituzioni; in difficoltà col proprio partito, Fini si mostra bene attento ad evitare passi falsi. A fine seduta Giachetti assicura che per il presidente della Camera ha una «stima immutata». Replica di Fini: «Anche la mia per lei, onorevole», e a sera (votato il processo breve) torna la pace.

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