Roma - L’ultima baruffa in casa Pd scoppia proprio in contemporanea con l’intervista-appello di Walter Veltroni all’Unità. «Smettiamola di attaccarci da soli», implora il segretario.
Nello stesso momento, dalle colonne di un altro giornale (Repubblica) l’ex ministro Peppe Fioroni che del Pd veltroniano è il potente coordinatore organizzativo, attacca a testa bassa tre esponenti di rilievo dello stesso partito, che sospetta di aspirare alla futura leadership della baracca: «La situazione è pirandelliana: Zingaretti, Soru, Enrico Letta sono personaggi in cerca di autore. Vogliono tutti fare il leader e il loro ruolo viene prima del progetto».
Chiamato in causa, Nicola Zingaretti contrattacca pesantemente: dichiarazioni «sgradevoli», quelle di Fioroni, dice il presidente della provincia di Roma. Che «denotano lo stato di nervosismo e disorientamento in cui versa almeno una parte del gruppo dirigente del Pd». Seguono a ruota repliche di tono assai aggressivo da parte di esponenti vicini a Fioroni, da Merlo a D’Ubaldo che accusano Zingaretti di ragionare «da ex giovane comunista» (l’«ex», è sottinteso, vale solo per il «giovane»), di puntare a fare «un partito di sinistra» e di avere «la coda di paglia».
La novità di questa ennesima rissa interna è che si consuma tutta in casa veltroniana: da sempre vicino al segretario, fin dai tempi della Fgci, è Zingaretti; alleato di ferro di Veltroni è Fioroni e la sua ala ex Ppi. Che è proprio quella «parte del gruppo dirigente» che Zingaretti accusa di «far danni». Ex Ds ed ex Margherita non si sopportano più neppure dentro la maggioranza veltroniana e i primi (tra cui Zingaretti) soffrono sempre più quella che definiscono «l’accordo blindato tra Walter e gli ex Ppi» che a loro parere sta tenendo bloccato «il profilo riformista e innovatore del Pd». Perché grazie a quell’accordo, è l’accusa da sinistra, gli ex Margherita hanno ottenuto molte postazioni di potere negli organigrammi Pd e per non perderle difendono a spada tratta lo status quo. Hanno frenato Veltroni quando molti suo supporter (tutti ex Ds, da Bettini a Tonini a Morando) lo spingevano a chiedere un congresso anticipato per rilegittimare la propria leadership e bloccare il logorio delle correnti. Oggi è a causa di Fioroni e Franceschini, accusano ad esempio gli ex Ds, che Veltroni ha rotto con un suo fedelissimo come il segretario del partito a Napoli, l’ex ministro Gino Nicolais. Premuto dagli ex Ppi che non volevano perdere il sindaco di Napoli, Veltroni ha dovuto ingoiare le mancate dimissioni di Rosa Iervolino e Nicolais ha sbattuto la porta.
Nella ex Margherita il malessere non è minore. Rutelli continua a tacere e a non smentire i restroscena che gli attribuiscono velleità scissionistiche da un Pd troppo «ex Pci» e un matrimonio con l’Udc. Gli ex Ppi veltroniani guardano con terrore ad una possibile implosione post-Europee del nuovo partito che li lascerebbe (a differenza di quel che resta della Quercia, pronta a rifondarsi come partito della sinistra Pse) senza casa. Per non parlare degli ex prodiani, che nella loro guerra anti-Walter sono pronti a sostenere chiunque, pure il sardo Soru.
«L’assurdo è che abbiamo le correnti ma non il partito», geme l’ex ministro ds Damiano. «Se Walter chiede la tregua fino alle Europee e invece continua la canea, allora meglio rimettere il mandato e ricandidarsi in un congresso anticipato, al posto della Conferenza programmatica. Altrimenti al voto arriviamo stremati», auspica il veltroniano Stefano Ceccanti.
La partita delle Europee (e delle concomitanti amministrative) è decisiva per Veltroni e per il Pd. E per questo i suoi stan cercando di riaprire la partita della legge elettorale: più si riesce ad alzare il quorum, più il Pd può sperare di tenere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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