RomaQualcuno non voleva neppure crederci: «Ma come, presentiamo noi la mozione per bombardare la Libia?». Incurante della forte contrarietà del Quirinale, del possibile mal di pancia in vari settori del partito (cattolici, molti veltroniani) e dei pacifisti vendoliani, il gruppo dirigente del Pd ha deciso di approfittare della spaccatura in seno alla maggioranza e di rompere gli indugi, anticipando la prima mossa. «Chi colpisce per primo, colpisce due volte. Guai se questo passaggio non viene sottolineato...». Il segretario Bersani ha spiegato la logica delloperazione: «Loro faranno di tutto per mascherare, ma noi vogliamo sapere se cè ancora una maggioranza in politica estera».
Una verifica di governo sotto mentite spoglie, anche se il Paese si dimostrasse una volta di più diviso. Così di buon mattino il capogruppo alla Camera, Dario Franceschini, ha presentato la mozione pidina, prontamente accolta dal presidente Fini. Franceschini ha spiegato che i leghisti «dovrebbero ringraziarci, avessero avuto un po più di coraggio avrebbero dovuto presentarla loro... Non vorrei che la Lega facesse la voce grossa in Padania e cali le braghe a Roma...».
Grave però resta lo strappo nei confronti del Capo dello Stato.
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