Il Pdl avvisa Monti: "Mai la patrimoniale"

Nel partito c’è il timore che Monti possa far ingoiare troppi bocconi amari ai pidiellini, primo fra tutti quello di mettere le mani in tasca agli italiani. Dal Pdl arriva il voto anche sulla riforma elettorale. Alfano: "Indignati per l'attacco a Silvio". Berlusconi non si arrende: "Anziché lasciare, raddoppio". E promette di non fare sconti al governo del presidente (video). Il popolo Pdl in piazza abbraccia il Cavaliere: "Silvio, non molliamo". Bossi stempera la linea del "no" a Monti

Il Pdl avvisa Monti: "Mai la patrimoniale"

Roma - Nel Pdl monta l’antimontismo. Molti parlamentari sono sommersi da centinaia di messaggi su facebook e telefonini con una sola richiesta: urne. La linea del partito, tuttavia, è diversa. Per ora. Ed è: occorre fare i conti con il rischio voto, anche se alcuni non ne condividono appieno il duplice pericolo. Il primo è che se il governo Monti non salpa lo spread possa schizzare vertiginosamente, condannandoci a pagare un prezzo salatissimo. Il secondo è che l’esito elettorale possa premiare il centrosinistra, portando in Parlamento truppe grilline e vendoliane. Così, meglio sperare che regga la linea ufficiale, descritta da Alfano sia a In Mezz’Ora che al Colle.
Il segretario del Pdl annuncia, dopo la consultazione con Napolitano, che «abbiamo assicurato la nostra disponibilità e il nostro consenso per un incarico a Monti, con il quale ci incontreremo». E racchiuso in quel «con il quale ci incontreremo» stanno tutti i paletti berlusconiani. «Manterremo ferma la nostra posizione - ribadisce Alfano all’Annunziata - ma solo dopo aver visto programma, composizione e tempi». Non nasconde che nel partito ieri spirava un’aria avversa all’esecutivo tecnico: «Al nostro interno ci sono grandissime opposizioni all’idea di aderire, sebbene dall’esterno, a un governo tecnico. Ci sono larghe opposizioni e devo dire giustificatissime perché se avessimo dovuto fare l’ufficio di presidenza oggi probabilmente l’esito della votazione sarebbe stato diverso. Assistere a scene di tripudio della sinistra come se avesse vinto le elezioni, mentre accetta un governo tecnico, non fa piacere». Concetto espresso anche al capo dello Stato e riferito dopo la consultazione: «Siamo indignati per l’attacco disdicevole della piazza. Un vero attacco personale al presidente Berlusconi». Quindi via libera ma con dei «ma» enormi. Ossia: che resti in carica il tempo necessario per uscire dalla crisi finanziaria («Un governo non nasce con la scadenza come uno yogurt ma va accelerato il suo iter e poi voto»); che i ministri non si candidino alle prossime elezioni; che i programmi siano basati esclusivamente sugli impegni scritti nella lettera d’intenti presentata alla Ue e alla Bce.
Tradotto: no patrimoniale, no reintroduzione dell’Ici, no legge elettorale, «ni» liberalizzazioni, sì a misure per la crescita, alla riforma delle pensioni, a quella del mercato del lavoro, all’abbattimento del debito pubblico. Ma nel partito c’è il timore che Monti possa far ingoiare troppi bocconi amari ai pidiellini, primo fra tutti quello di mettere le mani in tasca agli italiani. «Io non mangio nemmeno un grammo di m. a prescindere dal cuoco, sia esso Monti o non Monti - minaccia un ex An pro voto -. E alla faccia del “compagno” Fini dico: ora se ne accorgerà lui cosa vuol dire la strategia del Vietnam che c’ha fatto subire per mesi». Ma la paura che non tutti i pidiellini la pensino allo stesso modo è alta. Alcuni sospettano che scajoliani e alcuni cattolici vicini alle posizioni di Formigoni (guarda caso il più pro Monti di tutti durante l’ufficio di presidenza l’altra sera) siano più possibilisti a una patrimoniale. «Che siano pronti a una scissione lo escludo», dice un deputato; «Ma se sono già nelle braccia di Casini...», ribatte un altro. Sospetti. Ma che rendono l’idea del lavoraccio che attende Alfano per tenere insieme sensibilità diverse nel partito. E l’onorevole Landolfi ammette: «Alfano ha fatto benissimo a non nascondere il travaglio che in queste ore pervade il Pdl».
L’altro timore è quello di non poter riacciuffare il rapporto con la Lega, minando un’alleanza indispensabile soprattutto se - come in tanti sperano - si dovesse votare già nell’estate del 2012.

Gasparri lo dice chiaro: «Tra Pdl e Lega va mantenuto un rapporto di collaborazione anche nella politica nazionale». E La Russa giura: «La distanza con la Lega è solo tattica. Loro hanno detto che voteranno a favore dei provvedimenti da noi proposti all’Ue, quindi ci troveremo d’accordo nei voti».

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