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Il Pdl: «Caro Gianfranco, non possiamo accettare le tue lezioni di laicità»

RomaUna replica meditata, visto che è arrivata a freddo, ventiquattro ore dopo la severa critica di Gianfranco Fini alla legge «clericale» sul biotestamento varata dal Senato. Una replica autorevole, firmata dai capigruppo al Senato del Pdl, Maurizio Gasparri e il suo vicario Gaetano Quagliariello, ma - dicono fonti interne alla maggioranza - vistata e approvata anche dal premier, Silvio Berlusconi.
Al presidente della Camera, i due dirigenti Pdl mandano a dire che «non possiamo accettare che ai senatori vengano impartite lezioni di laicità», perché il contestato testo di legge è «frutto del libero convincimento dei parlamentari, i quali non solo non possono in alcun modo essere tacciati di clericalismo, ma hanno avuto la possibilità di esprimersi nella libertà della loro coscienza», e dopo «una lunga, approfondita e laica discussione». Gasparri e Quagliariello respingono anche l’accusa di ingerenza della Chiesa cattolica nella stesura di quel testo, anzi rivendicano che con l’approvazione della legge sono state restituite al Parlamento «le sue prerogative minacciate da indebite invasioni di campo». Non certo dei vescovi, è il sottinteso, ma della magistratura che con le sue sentenze aveva accolto la richiesta del padre di Eluana Englaro, e autorizzato la sospensione delle terapie che la tenevano ancora in vita, sia pur solo vegetativa, dopo diciassette anni di coma irreversibile.
Dietro i toni cortesi, la sostanza è dura. E lascia intendere che, se Fini terrà duro e manterrà la sua promessa di «fare di tutto per cambiare quella legge», che a settembre inizierà il suo iter in Commissione a Montecitorio, nel Pdl si accenderà uno scontro vero. E al presidente della Camera, se scende nell’agone politico, non verranno risparmiati contraccolpi. Tanto, assicurano ai piani alti del Pdl, la sua battaglia contro quel testo di legge non riuscirà a sfondare: «Potrà ritardarne i tempi, fare un po’ di melina. Ma alla fine i numeri sono dalla nostra parte», dicono gli strenui difensori del biotestamento made in Senato. Certo, l’autorevole sponda di Fini potrebbe dare forza a chi, anche nel centrodestra, è contrario ad un testo troppo rigido e «clericale», come lo ha definito lui stesso. «Ci sono almeno una cinquantina di parlamentari contrari», assicura il deputato Pdl Benedetto Della Vedova. Che sottolinea che Fini, nel chiedere una maggior laicità della legge, «è in perfetta sintonia con le posizioni del Ppe e dei moderati europei, dalla Merkel a Cameron a Sarkozy: nessuno di loro si sognerebbe di approvare una legge reazionaria come quella varata dal Senato». Ma i supporter della legge ricordano che alla Camera l’Udc e l’Mpa hanno una cinquantina di seggi: saranno loro a compensare eventuali defezioni Pdl. Senza contare che un contributo arriverà anche dai cattolici Pd. I primi parlamentari filo-Fini vengono allo scoperto: il viceministro Adolfo Urso ricorda che la Camera «ha il dovere, e non solo il diritto, di migliorare il ddl» e auspica «larghe convergenze». L’ex An Andrea Augello chiede a Gasparri e Quagliariello maggiore «serenità di giudizio», e Antonio Mazzocchi auspica un «confronto laico».
Fini, assicurano i suoi consiglieri, è deciso a mantenere il punto. Non commenta né le critiche che gli arrivano dal centrodestra né i consensi di un centrosinistra ovviamente interessato ad alimentare contrapposizioni nella maggioranza. Ieri era tutto un fiorire di lodi all’ex leader di An, da parte di autorevoli dirigenti del Pd. Anche se qualche preoccupazione per il fatto che si sia preso più applausi di loro, alla Festa Pd di Genova, circola sottotraccia. Così il candidato alla segreteria Pierluigi Bersani spiega che quegli applausi erano «alle nostre idee», che Fini ha «riconosciuto». Mentre per Franceschini «bisogna apprezzare gli avversari quando dicono cose giuste e di buon senso». E Veltroni si slancia a celebrare «il ruolo di garanzia che il presidente della Camera sa ben interpretare».
Anche l’immigrazione tiene caldo il dibattito interno al centrodestra. Al presidente della Camera che aveva detto di non seguire la Lega in alcune sue uscite, ha replicato Umberto Bossi: «Peccato però che la Lega porta i voti».
Ieri Fini è tornato a parlare della sua idea di Pdl, attraverso un intervento ufficiale sull’autorevole rivista bolognese «Il Mulino».

Un partito del 35%, scrive, «non può essere strutturalmente un partito populista», ma deve sapere «esprimere un’avanzata cultura di governo», «liberale, laica e modernizzatrice». Altrimenti «le basi del suo consenso si indebolirebbero inesorabilmente».

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