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"Pdl escluso nel Lazio per l’errore dei giudici e l’assalto dei Radicali"

Berlusconi accusa: "Non abbiamo responsabilità, la sinistra vuole correre sola come in Urss. Ma vinceremo lo stesso"

Roma Forse per la prima volta in oltre quindici anni di politica, Silvio Berlusconi decide di presentarsi in conferenza stampa leggendo un lungo testo scritto ritoccato e limato nel dettaglio fino a pochi minuti prima. Un vera e propria «memoria difensiva» per «reagire» alla «assoluta disinformazione fatta in questi giorni» sul pasticcio delle liste elettorali. Una «cronistoria», come la chiama il Cavaliere, della caotica giornata in tribunale che si è poi conclusa con l’esclusione della lista del Pdl a Roma e in provincia.
Il premier snocciola orari su orari, difende a spada tratta i dirigenti del partito, attacca i radicali che hanno «impedito fisicamente ai nostri delegati di presentare le liste» e se la prende con i magistrati dell’Ufficio elettorale che hanno fatto «errori marchiani». Ce n’è anche per l’opposizione «antidemocratica e meschina» che avrebbe preferito «correre da sola» come «si usava in Unione Sovietica». Dopo una settimana persa a tergiversare con bolli e ricorsi, dunque, come previsto Berlusconi decide di sparigliare e apre ufficialmente la campagna elettorale del Pdl. Mettendo da parte le sue perplessità sulla superficialità dei dirigenti locali del Lazio e facendo quadrato sul partito, perché - è il senso dei ragionamenti ripetuti più volte in privato in questi giorni - ora «è il momento di reagire e pensare alla campagna elettorale», dopo ci sarà «il momento delle responsabilità».
A testa bassa, dunque. Per dare uno scossone a quella parte di elettorato di centrodestra che - confermano gli ultimi sondaggi sulla scrivania del premier - è rimasto spiazzato dal pasticcio delle liste allargando la pattuglia dell’astensionismo. Per questo il Cavaliere apre l’affollatissima conferenza stampa a via dell’Umiltà con la cronistoria della giornata in tribunale, frutto - spiega - di «indagini che ho compiuto personalmente e verificato con colloqui diretti». «Per una volta ho fatto l’inquisitore», chiosa riferendosi al faccia a faccia di oltre due ore avuto martedì pomeriggio con Alfredo Milioni e Giorgio Polesi. Una riunione voluta dal premier senza la presenza di altri dirigenti del Pdl, segno che Berlusconi s’è fatto carico della querelle sulle liste in prima persona e senza condizionamenti esterni.
Così, il premier parte a snocciolare orari: «Ore 11.35, ingresso documentato in tribunale dei presentatori della lista del Pdl. Ore 11.40, arrivo davanti alla cancelleria dei nostri delegati, con relativa documentazione contenuta in un contenitore. Ore 12, un componente dell’ufficio centrale circoscrizionale di sesso maschile esce dalla cancelleria e si limita a chiedere ad alta voce a chi era ancora in attesa di alzare la mano. Polesi alza la mano insieme ad altri rappresentanti di altre liste, ma nessuno dell’ufficio e nessuno delle forze dell’ordine verbalizza. Ore 12.30, Polesi rimane in fila, mentre Milioni che si era allontanato fa ritorno con l’obiettivo di dare il cambio al collega. A questo punto da parte dei rappresentanti di altre liste in particolare dei radicali viene inscenata una gazzarra con la scusa che fossero in corso atti di manomissione». Un fatto, sottolinea, «non solo del tutto inesistente», ma «materialmente impossibile atteso che ogni eventuale modifica avrebbe dovuto riguardare i 248 atti separati, prestampati e contenuti nel contenitori». Ed è «in seguito del parapiglia» che «ai nostri delegati veniva impedito violentemente dai radicali di presentare la documentazione». I magistrati «anziché ristabilire l’ordine e consentire anche ai delegati del Pdl la pacifica permanenza nella fila decideva incredibilmente di escluderli asserendo che si trovavano oltre una linea segnata sul pavimento, linea fino a quel momento mai definita in alcun modo e comunque mai comunicata ai delegati». La cronaca va avanti fino a fine giornata, ma il senso del messaggio è già chiaro. Da ieri il Pdl non pensa più ai ricorsi («se poi andrà a buon fine, meglio...») e si concentra sulla campagna elettorale che «vinceremo lo stesso». «I nostri elettori - dice Berlusconi - voteranno Renata Polverini e il suo simbolo».
Il premier parla anche del discusso decreto interpretativo ed annuncia una conferenza stampa da Palazzo Chigi nei prossimi giorni per «spiegarne la sua assoluta costituzionalità». «È solo interpretativo e di buon senso nei confronti di chi faziosamente ha interpretato le leggi elettorali regionali», dice il Cavaliere spiegando che «durante la preparazione del provvedimento» Gianni Letta «ha telefonato al segretario del Pd Bersani e lo ha avvisato del progetto del governo».

Una conferenza stampa che potrebbe portarsi dietro qualche sorpresa, visto che il tam tam di via dell’Umiltà racconta di un certo fastidio dei coordinatori Ignazio La Russa e Denis Verdini verso l’ufficio giuridico del Quirinale che dopo il lungo tira e molla sul decreto ha voluto aggiungere proprio quella parte che poi è stata richiamata nelle decisioni di Tar e Ufficio elettorale.
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