Pdl, fuori l’orgoglio. Dimostra che Milano non è della Lega

«Facciamo come la Lega. No, facciamo il contrario della Lega. Anzi andiamo contro la Lega. Insomma facciamo concorrenza alla Lega…». Dopo il conclamato successo del Carroccio alle elezioni regionali, è schizofrenica la reazione del Pdl, il partito che al Nord più ha pagato in voti il boom leghista - come avevamo agevolmente previsto. Delle reazioni del Pd, poi, inutile tenere conto: dal dalemiano «la Lega è una costola della sinistra» allo «xenofobi, razzisti e affamatori di bambini» di Rosi Bindi all’ipotesi di «un Pd del Nord» riproposta da Sergio Chiamparino, il disorientamento è totale.

Ma torniamo al Pdl. Grande è la confusione sotto il cielo azzurro. Preoccupazione principale dei finiani di Farefuturo, ossessionati dal desiderio di distinguersi (ma da chi?), sembra quella di «contrastare la Lega» per «ridurne il peso» nella maggioranza, in base alla convinzione che il Cavaliere abbia contribuito alla vittoria di Bossi assecondandone le pretese. Perciò si dia battaglia al Senatùr sul suo terreno, immigrazione e sicurezza, con una politica della cittadinanza e dell'integrazione di grande apertura. Col risultato di rendere Fini, come commenta qualche suo ex sodale, «uno che piace a chi non lo vota e votato da gente a cui non piace». Per La Russa, al contrario, bisogna battere una via ultraleghista: tolleranza zero su immigrazione clandestina e sicurezza. Intanto gli ex di Forza Italia sbandano, oscillano, traccheggiano subendo, non più solo al Nord, la concorrenza elettorale della Lega. Che non possono impedire perché va a beneficio della maggioranza e comunque non sanno contrastare.

Tutti, però, opposizione compresa, tessono le lodi del «radicamento» della Lega, del suo «rapporto col territorio», che a sinistra suscita nostalgie del vecchio Pci, delle sezioni, dei comizi in piazza e dei furgoncini con altoparlanti per le vie dei paesi. La preistoria della politica. E allora, per mettere almeno un punto fermo ed evitare tanta confusione di idee, giusto a proposito di «rapporto col territorio», i vertici locali del Pdl potrebbero ricordare gli interessi reali del Nord, della Lombardia e di Milano. In questi due anni il governo considerato «amico del Nord» si è mostrato invece molto più attento agli interessi di Roma e del Sud. Avrà avuto le sue buone ragioni - i disastri finanziari romani, palermitani e catanesi; la spazzatura napoletana, il terremoto abruzzese - ma è così. L’ultimo esempio è di questi giorni: i fondi per la ricerca medica quasi tutti all'ateneo Federico II Napoli dimenticando la Statale di Milano che di risultati ne produce infinitamente di più. Alla faccia del merito. In nome di una malintesa «solidarietà nazionale», i dirigenti azzurri a volte sembrano averlo dimenticato. La stessa Lega moltissimo ha concesso, a cominciare dai privilegi normativi e finanziari per «Roma Capitale» - ma non era «Roma ladrona»? - pur di far digerire il suo federalismo fiscale. Bene, è ora che il Pdl lombardo mostri un po’ di orgoglio e si occupi della Lombardia e di Milano. Del territorio, appunto: chiedendo, esigendo, pretendendo. E non va certo in questo senso la defezione dell’ultimo momento del sindaco Moratti dalla manifestazione dei 500 sindaci lombardi contro l’iniquo patto di stabilità che, di fatto, premia i comuni scialacquatori e punisce i virtuosi. Sempre alla faccia del merito.

Se davvero Bossi vuol fare il sindaco di Milano non basta dirgli di no, anche se l’altolà di Berlusconi dovrebbe essere più che sufficiente. Bisogna dimostrare - e non è difficile - che per questa città la Lega non ha fatto molto, a parte proclami contro l’immigrazione clandestina e per la sicurezza.

Forse ha ragione Philippe Daverio, già assessore della non rimpianta giunta Formentini, quando dice che «Bossi detesta Milano». Che almeno i dirigenti del Pdl mostrino di amarla. Perfino, se necessario, manifestando contro il governo.

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