Roma - Dalla battaglia con l’altero Fini a quella con l’austero Castagnetti? Per Silvio Berlusconi, chiuso un conflitto politico, se ne potrebbe presto aprire un altro. Non relativo a programmi e alleanze, bensì all’utilizzo di un nome.
Il premier, insoddisfatto dell’esito del Pdl, starebbe pensando, secondo quanto ha riferito ieri Il Messaggero , a un nuovo nome per la sua formazione politica: «Popolari ». Un brand semplice e di impatto, come quelli che piacciono al Cavaliere (che si sarebbe già aggiudicato tutti i domini internet). E, soprattutto,meno esposto alle reminiscenze del ventennio di quell’ «Avanti, Italia! » del quale si era vociferato fino a non poco tempo fa. Ma si tratta anche di marketing politico: «Popolari» è un marchio che si rivolge all’elettorato moderato e cattolico. Potrebbe attrarre non solo coloro che vorrebbero un Udc nuovamente collocato nel centrodestra, ma anche coloro che non vedono adeguatamente difesi i propri principi da un centrosinistra sempre più iperlaicista, vendoliano, dipietrista e cigiellino.
Non a caso «Popolari» evoca sia l’attuale collocazione europea del Pdl che la tradizione di Luigi Sturzo (che proprio nell’attuale sede di Via dell’Umiltà rivolse l’appello ai «Liberi e forti ») e di Alcide De Gasperi. Ma lì dove potrebbe terminare la diatriba con i finiani di Fli che hanno minacciato il ricorso alle vie legali se Berlusconi intendesse utilizzare la dicitura «Popolo della libertà » senza il previo consenso del co-(s)fondatore, ne comincerebbe un’altra.L’ultimo segretario del Ppi e deputato piddino Pierluigi Castagnetti ha subito rivendicato la primogenitura. «Non siamo estinti: il nome “Popolari”è nostro e nessuno può prenderlo », si è affrettato a dichiarare aggiungendo che l’ex Ppi, una volta confluito nella Margherita, e di conseguenza nel Pd, «ha affidato all’associazione “Popolari” la tutela del nome». Copyright nullo secondo il ministro per l’Attuazione del programma Gianfranco Rotondi.«Berlusconi - ha detto- può utilizzare l’acronimo “ Partito Popolare”o similari perché la Cassazione ha invalidato la trasformazione della Dc in Partito Popolare» ai tempi di Tangentopoli.Tesi smentita dall’ex senatore e presidente dell’Azione Cattolica, Alberto Monticone, che dal Piemonte ha fatto sapere che il vecchio gonfalone con la scritta «Popolari» è stato registrato alla banca marchi del ministero dello Sviluppo economico.
Ovvio che l’operazione restyling preluda a profondi cambiamenti nelle gerarchie dell’attuale Pdl e del centrodestra in senso lato. E forse non a caso è giunta dal capogruppo di Futuro e libertà, Italo Bocchino, una nuova richiesta di «patto di legislatura» al Cavaliere, mentre i pasdaran di Farefuturo ironizzano: «Il berlusconismo forse cambia nome. Ma la sostanza è sempre quella (o peggio): “Popolari”?Forse è meglio “Populisti”. Schermaglie, più che ragionamenti politici, che servono a impedire nuove emorragie dentro Fli dopo quelle del 14 dicembre. Giacché nel cosiddetto «terzo polo» tutti sembrano muoversi in ordine sparso. Anche se il coordinatore del Pdl, Ignazio La Russa, è scettico sulla possibilità di arrivi «in maniera massiccia» da Fli, l’ipotesi di un ennesimo dialogo con i finiani è giudicata severamente da un altro ex An come il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri, che per parte sua ha bollato l’ipotesi del cambio di nome come «solo ipotesi dei giornali ».
Insomma, la mossa «popolare» di Berlusconi ha movimentato un po’ il panorama politico vacanziero e, soprattutto, ha gettato nuovamente scompiglio nel Pd dove
il cattolico Giorgio Merlo ha invitato i colleghi a non pensare alle «dispute giuridiche» ma a rafforzare il «popolarismo di ispirazione cristiana nel centrosinistra». Altrimenti ci saranno nuovi passaggi di campo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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