Il Pdl: "Il simbolo è del Cav". Ad Arcore summit coi leghisti

Una nota del partito smentisce chi ipotizzava liti fratricide in caso di scissione: il logo è gestito dal presidente. Che in serata ha ricevuto Bossi, Cota e Calderoli

Roma - Come in tutti i processi di divorzio, s’inizia a dividere i beni, i patrimoni, il passato insieme da spezzare. Ma c’è qualcosa, nella pratica Berlusconi-Fini, di assolutamente non frazionabile: il simbolo del Pdl. Ovvero il nome, la grafica, l’idea di quel partito nato dalla fusione di Forza Italia e An, su idea di Berlusconi e non di Fini, ma di cui il presidente della Camera era il sostegno più forte, primo alleato e cofondatore. Ieri il quotidiano Il Tempo ha aperto la questione: «Ora rischia il simbolo Pdl». Il rischio forse non c’è, ma il problema esiste, tanto che è arrivata la replica dell’ufficio stampa del partito: «Berlusconi è l’unico e legittimo proprietario del simbolo».

Una frase perentoria in linea con gli umori della giornata di ieri ad Arcore: giornata, si racconta, frenetica e con molti confronti tra il premier e le persone a lui più vicine, per impostare forse un’ accelerata alla separazione dall’alleato, dal momento che lo stillicidio dei litigi è diventato ormai insostenibile. In serata, cena con i vertici leghisti: ospiti a villa San Martino Umberto Bossi, Roberto Calderoli e il governatore piemontese Roberto Cota.

Che Berlusconi sia il proprietario del simbolo, lo dice lo Statuto del Pdl, articolo 17. Non in modo esplicito, ma a parere dell’ufficio stampa la lettura è chiara. Al comma due di questo articolo si specificano infatti alcune prerogative dei tre coordinatori nazionali (attualmente Bondi, Verdini e La Russa) e tra queste vi è appunto la gestione del simbolo: «È conferito al comitato di coordinamento in via esclusiva - si legge nello Statuto - il potere di utilizzare i contrassegni elettorali del Popolo della libertà», nonchè di «presentare e depositare liste e candidature elettorali in sede nazionale e locale». Al primo comma viene spiegato che il comitato dei coordinatori «è composto da 3 membri nominati dal presidente nazionale tra i componenti della Direzione nazionale». Il presidente nazionale è Berlusconi, i tre coordinatori dipendono dunque dalla sua scelta. E il presidente può di conseguenza gestire il simbolo con i tre coordinatori da lui nominati senza interpellare i «contraenti» che stipularono l’atto costitutivo del partito il 27 febbraio del 2008. Ossia i cofondatori, tra i quali c’è Fini. Lo statuto con le regole interne fu approvato invece nel marzo del 2009.

Questi cavilli legali sembrano forse un eccesso, ma letti alla luce della giornata di ieri non paiono minuzie sterili. Di nuovo Fini ha compiuto infatti un passo di allontanamento da Berlusconi, con frasi esplicite sui parlamentari indagati che non possono conservare i loro ruoli.

«L’atto che decide tutta la vita del Pdl - spiega il deputato e responsabile elettorale nazionale, Ignazio Abrignani - e pertanto il simbolo, è stato ideato dal presidente Berlusconi che poi lo ha sottoposto alla scelta di tutti i nostri elettori». Elettori chiamati poi «a esprimere la loro opinione», in una sorta di referendum, «nei gazebo promossi in tutta Italia». Sarebbero quindi moralmente anche gli elettori a dover decidere, ma lo Statuto, secondo i vertici del partito, indica già la soluzione.

Per utilizzare il «logo» il premier non ha bisogno di consultare nessuno tranne, formalmente, i tre coordinatori. Un triumvirato tra l’altro composto da due ex Forza Italia e un ex An, La Russa, che però ha già fatto la sua scelta di campo: per Berlusconi e non per Fini.

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