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Pecoraro ora snobba Almunia ma lo brandiva contro il Polo

da Roma

Alfonso Pecoraro Scanio è diventato ministro e questo rafforza la tesi di chi sostiene che in fondo la politica non finisce mai di stupire. Pecoraro infatti è un caso particolare che merita l’attenzione dei politologi. Il ministro verde ha una sua fenomenologia, uno sviluppo del pensiero che gli permette oggi di affermare: «Almunia non ha titoli per salire in cattedra dopo il disastro delle finanze che abbiamo ereditato e che è stato da lui tollerato. Non si può essere rigoristi oggi dopo il lassismo di ieri; non si può dire sì ai condoni scandalosi del centro-destra e no al recupero dell'evasione fiscale». Quanto diverso è il Pecoraro Scanio del presente, intrepido, duro, senza paura di fronte al commissario Almunia, dal Pecoraro del passato. Il Pecoraro di oggi è in versione reloaded rispetto a quello che il 12 aprile del 2005 (lancio dell’agenzia Ansa delle ore 12.10) si rivolgeva così alle masse: «Le dichiarazioni del commissario Ue Almunia sono a conferma del dissesto economico determinato dal governo Berlusconi: un governo che dissesta le casse dello Stato ed ha sforato i parametri non per creare sviluppo ma per tagliare le tasse e fare i regali ai ricchi, mentre la gente normale sta peggio. È sempre più urgente che si apra la crisi di governo, che questi ministri se ne vadano a casa e che si tengano elezioni per dar vita ad un nuovo governo stabile e credibile».

Eccoci di fronte al dilemma dei «due Pecorari»: uno dice che il commissario Almunia è un tirapacchi che chiude gli occhi, l’altro assicura che lo stesso Almunia è il detective dei conti che ha certificato lo sfascio del governo della Cdl. Il doppio Pecoraro che non si beve nessuno.

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